La signora Mariangela abita al piano sotto.
Ha superato abbondantemente l’età della pensione, ma ha l’energia sociale di una PR in discoteca: saluta, fa domande, regala consigli, regala… cose.
Soprattutto dolci.
La prima volta è comparsa con una scatola di biscotti secchi.
Marca sconosciuta, confezione scolorita.
Ha detto che erano buonissimi ma “le facevano male ai denti”.
Io, per educazione, ho ringraziato.
La sera stessa, leggendo l’etichetta, ho notato che erano scaduti da quattro mesi.
Non di un giorno.
Quattro.
Ho pensato: avrà confuso la data.
Succede.
Una settimana dopo, arriva con dei cioccolatini.
Misti, incartati, messi in una bustina da frutta.
Dice che glieli avevano regalati ma lei “non è golosa”.
Scadenza: due mesi prima.
Alcuni con lo zucchero cristallizzato fuori.
Uno… era bianco.
Doveva essere fondente.
Alla terza volta, mi porge una fetta di colomba.
A novembre.
Tagliata, avvolta nella pellicola, consegnata come fosse una reliquia.
Dice che è “ancora buonissima, la tiene in frigo da Pasqua.”
Sulla scatola: “consumare preferibilmente entro aprile”.
A quel punto capisco:
non è un errore.
È una missione.
Mariangela ha deciso di non buttare nulla.
Ma proprio nulla.
E per farlo, ha scelto me.
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