L'erba del vicino non è sempre più verde

Storie dal vicinato

Di Linkin Park, Sabaton, Mötley Crüe e altre madrigali per annichilire lo dimonio del piano di sopra

Allora, mi sembra doveroso fare una premessa – direi che è buon senso, se una coppia con figli vive al piano di sopra rispetto a te, e i figli sono molto piccoli, tollerare un po’ di rumore. I bambini si muovono, saltano, si divertono, e questo direi che è un loro diritto inalienabile – sono stato una piccola mer*ina anche io, mi ricordo i casini che facevo.

Quello che non condono, tuttavia, è il lassismo dei genitori nel gestirli, perchè va da sè che se il bambino non si sente considerato farà di tutto per attirare l’attenzione dei genitori, incluso molto, molto, molto più fracasso.

Ora, passo gran parte della giornata in ufficio, e non mi dà poi molto fastidio, anche se le due creaturine di sopra si voglion sfogare un po’. Quello che mi dà il tormento è che, puntualmente, quando torno dal lavoro, si sente ancora un frastuono incessante – rumore di tonfi, cose pestate sul pavimento, insomma – il quadro completo, full optional e con abbonamento premium del piccolo tesorino adorabile, nato chiaramente da una bottiglia di scotch e una notte di unione sacrilega fra Satana in persona e tutto il cast di Kaiju presentati dalla Toho a partire da Godzilla del 1954 fino al più recente film americano.

Ora, avevo avuto di certo una giornata non leggera, con clienti la cui stupidità si espandeva come lo sversamento di greggio della British Petroleum, inzaccherando mesi e mesi di lavoro per sistemare le loro precarie situazioni fiscali, ed ero di già provato.

Vengo accolto a casa dallo sguardo della mia dolce metà, che mi guarda puntando il dito verso il soffitto e facendo il classico sorriso amorevole di Clint Eastwood in “Una 44 Magnum per l’ispettore Callaghan”. Non proprio un’espressione rassicurante, ecco.
Per un secondo rimango allibito, perplesso dalla strana pantomima, e poi sento il caos.
Per un secondo avevo pensato che fosse la TV a fare casino, ma l’unico show in TV in quel momento era l’immagine estremamente desaturata di me stesso che guardavo perplesso prima lo schermo nero e poi il soffitto, a intervalli di 5 secondi.

Cerco di cogliere cosa stiano sbraitando i bambini di sopra e chiedo lumi alla mia fidanzata in merito a cosa stia succedendo, se ci sia qualcuno in pericolo, a giudicare dal rumore incessante e dalle urla belluine.
Serafica e grondante sarcasmo da tutti i pori, la mia bella mi guarda rispondendo con un sorriso a 32 denti, uno sguardo psicotico e un tono così falsamente dolce da poter essere benissimo uscito da “Vita da Strega”. E quando usa quel tono, so che è prossima ad esplodere.

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“Oh, non ti preoccupare Darling, stanno giocando a Dragon ball. Da quanto ho capito, uno di loro è Goku e uno è Vegeta e stanno cercando Majin Buu che è nascosto da qualche parte sopra la mia testa, evidentemente. Se non ti è di troppo disturbo, caro, potresti avvisare i loro genitori di fare meno chiasso? Perchè ho delle consegne per domani e, se non riesco a finirle, vado di sopra e la camera dove il paparino di questi due si sta guardando le repliche della Champions la faccio diventare la Stanza Dello Spirito e delle Pizzeinfaccia”.

Convinto da questo sfogo squisitamente vintage, decido di andare a chiacchierare col suddetto soggetto. Ci vado sereno, con tutte le buone intenzioni. Non sono qui per creare un casino, però è decisamente nei miei diritti chiedere un filo di pace, no?
Riporto il dialogo col signor Paparino come è avvenuto, ovverosia io al citofono e lui al suo ripetitore in casa, da bravo Highlander coraggioso che è non è nemmeno uscito per parlare.

Io: “Salve, scusi, non vorrei disturbarla, ma si sta sentendo un po’ di rumore. Potreste per cortesia fare un filo più piano?”
Paparino: “Eh, i bambini giocano, cosa faccio, li lego?”

SLUSH.

Eccolo lì, l’ho sentito, si è agitato dentro di me come il risucchio della marea vicino agli scogli. Mi ripeto: “No, sii un buon vicino, argina il tuo lato odioso e cerca di risolvere pacificamente”.

La diga della mia pazienza è provata da una lunga giornata, ma mi forzo a puntellarla con contrafforti di risolutezza dissennata e provo a giocare la carta dello scemo amichevole.

Io: “Esatto, i Lego sarebbero una buona idea! Sa, sono un giocattolo educativ-”
Paparino: “Senta qua, non è nemmeno orario di riposo e i miei bambini devono pur giocare. Vorrà mica dirmi che non posso fare nemmeno questo?”.

SLUSH. GROAN. SLUSH.

Le pietre della diga cedono mentre l’onda di bas**rdaggine monta come la piena improvvisa di un fiume di montagna, con limo e bestemmie che si affacciano alla bocca come getti d’acqua fra le paratie, che fanno saltare i contrafforti e compromettono la resistenza della mia pazienza. So che sto per scoppiare in faccia a questo rimbambito nullafacente ma, vuoi per il quieto vivere, vuoi per un malriposto senso di rispetto verso gli sconosciuti, mi forzo fino al vomito e riesco a dire un fatto certo, incontrovertibile, che dovrebbe farlo ragionare.

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Io: “Quello che vuole. Le sto chiedendo per cortesia di attenuare il rumore perchè c’è un fracasso del diavolo e da noi si sente tutto”.
Paparino: “Eh, adesso, un fracasso del diavolo! Adesso mi verrà a dire che facciamo tutto ‘sto rumore! Sa cosa, ne parli con l’amministratore se ci tiene tanto, tanto per queste stron*ate non vale la pena nemmeno di impensierirsi!”.

PLIN.

Il suono di una sola goccia che cade serena su un lago piatto come una tavola.
Mi aspettavo che la mia parte stronza si riversasse come uno tsunami oltre la barricata di pazienza e tolleranza che mi ero autocostruito, ma no. La realizzazione mi calma, mi tranquillizza, e mi fa capire esattamente cosa succede.
Ovverosia, che il caro Paparino non è mai stato il vicino di sotto, e che quindi non è mai stato tormentato dal rumore.
Decido quindi di prendere misure drastiche. Tornando sereno e tranquillo in casa nonostante il macello ai piani superiori, mi metto subito ad allestire il disimpegno come una specie di zona di guerra. Cavi, imbottitura, strutture portanti, casse puntate verso il soffitto e il tocco finale: uno stereo uscito dalla zona “concerti e mixaggio” del garage, un mostro della Panasonic che ha più opzioni per i bassi che cavi. Preparata la struttura, mi assicuro in orari non sospetti (ovvero mentre i due piccoli satanassi sono a scuola) che la mia insonorizzazione stia funzionando. Sia il mio vicino che ha un cane, sia la mia vicina con due gatti, mi confermano che non sentono nulla.
Bene.
Il campo è pronto.

E mentre guardo con anticipazione i tre dischi che ho in mano (Rispettivamente Great War dei Sabaton, Hybrid Theory dei Linkin Park e Dr. Feelgood dei Motley Crue), sorrido, consapevole che i tre titolari della squadra stanno per scendere in campo.
Aspetto quindi sera, e l’ormai assodato Casino delle Sei in Poi (una produzione Paparino Svogliato e i suoi Gremlin Scrotali, tutti i diritti registrati) parte in pompa magna.

Mi consento di partire piano. Papercut è la prima canzone, a volume otto. Senza riguardo alcuno, la lascio correre fino alla fine, e poco prima che parta lo scratch di “With You” fermo lo stereo.

Improvvisamente cala il silenzio. Sacrale, inviolato, benedetto dalle schiere angeliche. Si sente solo la stridula mammina che accenna un “Ma è quello di sotto?”.
Penso che la cosa sia caduta nel nulla, quindi mi fermo. Nessuna ragione per essere incivili.

Poco dopo, il caos sembra ricominciare.

Questa volta, Hybrid Theory corre da “With You” fino a “In the End”, volume undici, con tanto di karaoke finale. Rido, rido di cuore e di gioia mentre pogo in un mosh pit di due sole persone con la mia dolce metà dalla stanza a fianco e me la godo. Occasionalmente, nei vuoti della canzone, si possono sentire i due sposini che si urlano addosso mentre cercano, ciascuno, di spingere l’altro a venire a parlare con me. Hm. Tecnicamente, anche questo fastidioso battibeccare è disturbo del vicinato, e si protrae per un po’.

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Decido di passare a tracce più pesanti, un ghigno dissennato che mi si allarga sul volto.
Mammina (oltre il soffitto): “Ma insomma vai a parlare con quel rompicoglioni e digli di abbassare!”
Papino (oltre il soffitto): “Va bene, che palle! Vado ma-”

*STANDING IN THE LINE OF FIRE
COMING TO LEAD THE WAY*

Oh sì. I Sabaton sono partiti, e i bassi pompano come il cuore di un brachiosauro.
A questo punto il codardo, dal cancello, viene a suonarmi il campanello.
Paparino: “Allora, la abbassiamo ‘sta musica?”.
Io (uscendo a incontrarlo): “Ma la sta ascoltando mia nipote! Cosa faccio, la lego?”.

Il vigliaccone fa un bel passo indietro non appena io, nella grazia dei miei 100 chili di fisico da cantiere, vengo fuori sorridente.
Paparino: “Ah tu sei furbo sì, e allora io chiamo l’amministratore!”.
Io: “Lo chiami pure. Non è orario di riposo, e mia nipote deve pur ascoltare la sua musica. Non vorrà dirmi che non si può fare nemmeno questo”.
Il codardo diventa porpora in viso e declama: “Ma vaffanculo, va! Ma chi cazzo sei, credi di comandare qui? Abbassa ‘sta musica satanica!”.
Io, quasi sussurrando: “Stia tranquillo che la musica satanica la mettiamo su quando finiscono questi due dischi, e sentirà la profonda – PROFONDA – differenza”.
Una piccola pausa, poi proseguo.

“E comunque, se le è di tanto disturbo, avvisi pure l’amministratore. I vicini mi han già detto che non sentono alcun rumore, quindi… per queste stronzate non vale nemmeno la pena impensierirsi”.

Nemmeno a dirlo, è un tre-quattro settimane che se per caso il rumore si fa troppo forte, volteggio a passo di Balletto Russo verso il porta CD dove tengo tutti i memorabilia dei vari concerti. Un giro di basso dopo, torna un amabile silenzio.

Un buon “non impensierirsi” anche a te, Paparino Sfigato del piano di sopra!
“Quando l’uomo con la pistola incontra l’uomo col fucile… l’uomo con la pistola è spacciato” – Clint Eastwood, Per un Pugno di Dollari.

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