Vengo in questo posto da parecchi anni ormai; l’isola e questo piccolo borgo sono diventati praticamente la nostra seconda casa.
I profumi, i colori, i ritmi lenti sono solo alcune delle cose che ci spingono a venire qui…
Sono passati sette anni dall’episodio che sto per narrare, ma lo ricordo come se fosse ieri.
Mia figlia aveva due anni e allora come oggi rideva a squarciagola tanto da sembrare a tratti Raffaella Carrà.
Quando rideva tutto il vicinato scoppiava a sua volta a ridere perché effettivamente era, ed è ancora, una risata contagiosa.
Non urlava, non piangeva, non litigava col fratello, rideva solamente in maniera fragorosa, questo è vero.
Non di notte, non negli orari del silenzio… in orari assolutamente normali.
Ma in questo mondo è difficile definire cosa sia normale.
In quell’unico anno siamo andati in un appartamento diverso da quello che poi è diventato il nostro abituale. L’allora nostro vicino, figlio della signora che vaga da sola col passeggino vuoto, era un tale sui 45 – 50 anni, alto, enorme, rasato sempre incazzato in quanto era in causa di separazione con la moglie e si era dovuto portare i figli al mare.
Portava sempre uno strano cappello verde da pesca simile a un elmo e ricordava i personaggi di Sturmtruppen. Peraltro abitava in quella zona del Belgio dove si parla tedesco.
Le nostre terrazze erano allora divise da una tenda bianca fissata con dei tiranti per tenerla ben tesa e garantire un po’ di privacy. Oggi c’è fortunatamente un muro.
Erano circa le 20, stavamo cenando in terrazza con degli amici. Mia figlia stava guardano un libretto e mio figlio, che allora aveva 5 anni, faceva il buffone facendo delle boccacce appoggiandosi la maschera da sub sulla faccia.
Mia figlia come al suo solito ha riso.
Dall’altra parte della tenda il nostro vicino e il suo commensale iniziavano a borbottare.
Nel frattempo i ragazzini del borgo stavano giocando a pallone proprio sotto di noi.
Goran stava martellando il motore della barca perché si era bloccato il timone facendo un rumore assordante.
Una ragazza slovena parlava al telefono a voce altissima.
Al nostro vicino dava però fastidio mia figlia che rideva. Solo lei.
In realtà mia figlia era solo un pretesto.
Lo avremo capito a breve.
I borbottii sono diventati poco a poco insulti più o meno comprensibili e prese in giro verso gli italiani….chiaro, bersaglio molto facile, con i soliti stereotipi.
Pizza, mafia, mandolino e stocazzo, che peraltro lo salutava tantissimo.
Mia figlia continuava a ridere per le facce del fratello; sentendo il vicino nervoso ho fatto cenno a mio figlio di fermarsi un attimo.
Il mio vicino continuava a insultarci e dire “Bravi, Bravi italiani”. Poi ha emesso un fischio, probabilmente quelli che si fanno infilando le dita in bocca.
Il nostro amico, proveniente dalla pedemontana vicentina, ingenuamente ha risposto d’istinto con un: “jawohl!!!!” (Pronunciato un po’ alla veneta “iafol”!) “Sergenten Sturmtruppen!”.
Il vicino si è alzato dalla sedia, ha abbassato la tenda e con gli occhi iniettati di sangue e il coltello con il quale stava sbucciando qualche frutto si è affacciato dicendo:”jawohl????? jawohl???? Who said it????? Are you stupid? (Signorsì Signorsì ? Chi l’ha detto? Sei stupido?)
@&@8&&&8 @€€@8€&&7)& £¥> Schwanz + altre affermazioni che non capiamo.
Il mio commensale in anglovenefo: “No, not only stupid I’m ironic, so’ un italian, un Venetian, con sinque schei de mona in scarsea” – No non solo stupido, sono ironico, sono un italiano, un Veneto, con 5 soldi da mona (che è un po’ meno di stupido) in tasca.
Momento Quark (Sigla – Aria sulla Quarta Corda, Bach):
La “Scheidemünze”, era la moneta utilizzata dagli austroungarici ai tempi del regno Lombardo Veneto (münze vuol dire moneta).
La parola si pronuncerebbe credo “sciaidemiunze”, ma i veneti, si sa, poco avvezzi alle lingue estere, già allora la leggevano come si scrive, “schei de munze”. Lo scheo è diventato quindi il soldo, mentre la parola “Münze” è diventata più semplicemente “mona”.
Con la parola “Mona” in Veneto si indica sia l’organo sessuale femminile sia, una persona un po’ stupida, sempliciotta.
Le leggi austroungariche imponevano che chi avesse in tasca meno di 5 Scheidemünze (5 schei da mona quindi) poteva essere arrestato per vagabondaggio.
Quindi avere “sinque schei da mona” era la soglia minima per non essere additato come vagabondo che ai tempi erano considerati sciocchi, stupidi.
Oggi la frase viene usata per dire “li tengo per non sembrare stupido”.
Fine momento Quark.
Il vicino fa cenno di voler strappare la tenda col coltello. Quel “Jawohl” pronunciato in maniera un po’ ignorante (nelle valli dell’alto vicentino e nei luoghi della grande guerra è ancora utilizzato dagli anziani in modo quasi del tutto naturale) l’ha fatto infuriare.
Inveiva: “Merde”, “Italiani”, “Berlusconi”, “cretino”, “bunga bunga”, “mafiosi”, “ignoranti” tutte in perfetto italiano, ma esclamate con accento teutonico.
Si è affacciato nuovamente facendo cenno che ci voleva colpire col coltello.
L’amico tentava di calmarlo ….stava esagerando. Sbavava come un cane.
Mentre il mio amico gli parlava ancora in Veneto, pur parlando un inglese fluente il francese e anche il tedesco, il sig. Belga ci ha ricordato che eravamo ignoranti e che nel suo paese si parlano 3 lingue.
La proprietaria di casa spaventata dalle urla è uscita e lo ha calmato…
Da parte nostra silenzio… non volevamo peggiorare una situazione già compromessa e i bambini erano comprensibilmente spaventati.
Per fortuna era la penultima sera del nostro vicino che poi se ne sarebbe andato e non sarebbe nemmeno più tornato negli anni successivi…
Forse per colpa nostra…
Se fosse così il mio amico gli avrebbe risposto: “Ghesboro”.
Chissà se da poliglotta avrebbe capito.
#unavitaadepisodi
**Storia pubblicata con l’autorizzazione del genio di Massimo Atzeni
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