L'erba del vicino non è sempre più verde

Storie dal vicinato

Una famiglia di sociopatici – Parte 3, le innecessarie conferme

(Leggi la prima parte)
(Leggi la seconda parte)

La “s’ignora” Vitalesta, forse innervosita da certe voci che girano sul mio andarmene a causa loro, ieri sera mi ha fatto l’agguato nell’atrio chiuso del palazzo mentre rientravo dal lavoro (io; lei, come sapete ormai, è mantenuta e stava uscendo in ghingheri, tipo santa patrona ammodernata di paese). Ebbene, entro nell’atrio e questa è lì ferma, in attesa (l’avevo già preventivata perché avevo sentito lo scalpitio zoccolante sulle scale già da fuori). Con aria di sfida nello stanco occhio porcino scandisce “Buonasera”. La guardo, la valuto (ha l’aria veramente usata), non indossa nemmeno la mascherina. Tiro dritto.

“BUONASERA” mi urla mentre sono già sul primo pianerottolo. Continuo a salire. “SCUSA EH! BUO NA SE RA”. Rallento di mezzo passo e osservo “Mi pare tardi per voler sembrare educata, signo’. E metta la mascherina”. Riprendo a salire, mentre questa sbraita “Maleducata! Sei una maleducata!” e per la tromba delle scale rimbombano stentoree le sue buone maniere (notare che questi mi danno del tu come se avessimo mangiato pane e salame insieme). Appena rientrata in casa, ho inviato una mail di segnalazione all’amministratrice sul mancato rispetto delle misure igieniche, ripromettendomi di parlare con le autorità per dei consigli. Ovviamente, ieri sera hanno fatto di tutto per rompere, recuperando sul silenzio magicamente rispettato nei due-tre giorni scorsi. Poi, stamattina, il top (per ora).

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Lui esce di casa (lo sento sgassare con quel cassone di macchina puzzolente che si ritrova). Dopo poco esco anch’io, perché devo andare a impegnare il mio futuro appartamento. Mentre entro in garage vedo che lui torna indietro fin davanti ai box e si pianta sul piazzale dove si fa manovra, rendendomelo inaccessibile. Aspetto un po’, nel frattempo collego il Bluetooth all’auto, scelgo la Playlist (Black Flag) e quello resta lì, non scende né si muove. A un tratto, mentre inizio a tirar fuori l’auto, vedo lei che spunta fuori dall’ingresso e se la prende comoda per raggiungere il marito. Capisco tutto al volo: si sono accordati, lui ha finto di andare via e lei lo ha chiamato quando mi ha sentita uscire. E adesso vogliono indurmi ad attendere che vadano via o chiedere loro di spostarsi – certamente hanno fatto conto su certe leggende che vogliono la donna al volante pericolosa e maldestra. Non avevano idea che io in retromarcia vado persino meglio che a marcia avanti: con una sola manovra, sono venuta fuori dal box, fatto il viale all’indietro e li ho preceduti per un bel tratto. Stizziti, mi sono rimasti attaccati fino a che le nostre strade si sono separate. A quel punto, mi hanno strombazzato. Tempismo poco opportuno: un attimo dopo mi hanno vista parcheggiare davanti al comando dei Carabinieri. E ci sono andata, ho raccontato tutto l’antefatto e loro, pur non potendo intervenire perché non ci sono minacce, mi hanno detto che, qualora dovessero rifare il giochetto delle auto, devo chiamarli perché si tratta di sequestro di persona. Ovviamente, mi aspetto che ora me la mettano ancora più in mezzo, visto che i mezzucci di stamattina non sono stati sufficienti e hanno mangiato la polvere.

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