Ho un brutto difetto: non sono polemico né attaccabrighe, e la mia insicurezza mi impedisce di far valere i miei diritti. Tranne quando ho bevuto almeno un bicchiere di birra. Me ne basta uno, e i miei freni inibitori si annullano. Solo grazie a questo ho risolto i miei problemi con la famiglia di cafoni del piano di sotto.
Perché sì, se non fai che parlare ad alta voce noncurante degli orari tu sei un cafone di merda. Il fatto che tu abbia dei figli non ti giustifica: alle 6 del mattino e alle 23 di notte non hai un cazzo da urlare. Insomma, avete capito: sotto di me vive una famiglia di caciaroni cafoni, che gridano sempre tra loro (non litigano, parlano proprio a volumi impossibili).
Ora, torniamo alla mia insicurezza: ho contattato l’amministratore. Mi ha detto che invierà loro una lettera, ma mi ha consigliato anche di affrontarli personalmente. Se nemmeno con il mio intervento dovessero finirla, allora dovrò fare un esposto. Proviamo.
Una notte alle 23:30 la tizia sta ancora gridando e io non riesco a prendere sonno, in questo condominio con i muri di carta velina de li mortacci dell’architetto di merda. Scendo, suono. Mi apre.
“Signora, abbia pazienza. Sono le 23:30, abbassi la voce, scusi se glielo dico”. Annuisce, mi fa un gesto con la mano per scusarsi e mi saluta. Cala il silenzio. Ah, che bellezza!
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