L'erba del vicino non è sempre più verde

Storie dal vicinato, vicini incivili, Vicini invadenti

All’inizio sembrava simpatica.

All’inizio sembrava simpatica.
Educata, sguardo gentile, tipo da “le passo il detersivo se ha finito il suo”.
Una pensionata tranquilla, capelli corti e passo silenzioso.
Poi ho iniziato a stendere i panni.

Avevo preso uno stendino pieghevole, lo mettevo nel cortile condominiale, come da regole.
Nulla di invasivo.
T-shirt, lenzuola, biancheria.
Il minimo sindacale.

La prima volta che ho sentito la sua voce è stato mentre sistemavo dei calzini.
Non un saluto.
Un commento.
Pacato.
Una frase secca, buttata lì dall’alto, come se stesse leggendo un bollettino meteorologico:
“Stendere così… non fa prendere aria.”

Non ho risposto.
Non ero sicuro si riferisse a me.
Ma da quel giorno, ogni volta che uscivo a stendere, lei c’era.
A volte affacciata.
A volte già lì in cortile, in ciabatte e con aria neutra.
Mai un’accusa diretta.
Solo osservazioni.

“Le mollette così fanno il segno.”
“Ora che arriva il sole lì, tanto vale girarlo.”
“Usa ammorbidente? Si vede.”

Ogni volta che tiravo fuori qualcosa di personale – boxer, asciugamani, t-shirt lise da casa – sentivo il peso del giudizio passarmi sulle spalle.

Ecco un altro VDI:   Condividevo casa con Luca.

Una volta ho steso un pigiama ancora un po’ umido.
Due ore dopo, trovo un bigliettino lasciato sulla griglia:
“Attenzione all’umidità, crea odori difficili da rimuovere.”

Firmato niente.
Ma la calligrafia era quella.
Precisa, inclinata, da ex maestra con vocazione repressa al controllo tessile.

Un giorno ha steso anche lei, accanto al mio.
Era come assistere a una coreografia.
Tutto ordinato per altezza, simmetria, categoria, sfumatura cromatica.
Un esercito di tessuti in posizione.

Al confronto, il mio stendino sembrava la bancarella dei panni persi di una sagra di paese.

Ho provato a cambiare metodo.
Ho separato per tipo.
Ho piegato prima di stendere.
Ho comprato mollette più carine.
Niente.

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