Lei continuava.
Non con cattiveria.
Ma con quel tono da superiorità tecnica malcelata che ti fa sentire inadeguato anche solo per avere un asciugamano con l’elastico tirato.
Alla fine ho iniziato a stendere di sera.
Con meno luce.
Meno umiliazione.
Una volta mi ha beccato che ritiravo il bucato alle 22.
Ha detto solo una cosa, appena udibile, con tono piatto:
“Ma l’umidità di notte rovina il cotone.”
Ora stendo in casa.
Ho preso un mini stendino da termosifone.
Tutto storto, sbilanciato, ma privato.
Libero.
Lei ogni tanto mi chiede se ho smesso di fare il bucato.
Rispondo di sì.
Sorrido.
E intanto, lavo ogni cosa in silenzio.
Nel buio della mia dignità piegata a metà, come una maglietta male stesa.
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