Lei continuava ad urlare che se avessi raccontato qualcosa, lei mi avrebbe denunciata per furto e visto che ero minorenne, loro sarebbero andati in carcere al posto mio, mentre io sarei rimasta sola, affidata a un’altra famiglia.
Tra una sberla e l’altra mi chiamava “demonio“, “maledetta“…
“L’hai rubato, vero? Hai rubato il Cioè, vero????” SBAM
Alla fine, sfinita, dolorante, ma sopratutto terrorizzata, le dissi che si, avevo rubato il giornalino.
La maledetta smise solo dopo la mia confessione, dopo avermi spaventata con le minacce, mi lasciò andare ridacchiano e chiamandomi “piccola puttana” come se ora, che avevo confessato, lei fosse fiera del suo gesto.
La verità, è che non avevo rubato nulla ma non riuscivo più a resistere e avevo capito che l’unico modo di farla smettere era quello di confessare il falso.
Mi terrorizzò per anni con le sue minacce e il suo “shhhhh“, fino a quando un bel giorno mentre mangiamo, viene fuori il suo nome; mio padre mi dice che la megera è ricoverata da 4 giorni per la puntura di una zecca. Quel giorno, parlando di lei con i miei genitori, racconto tutto.
Mio padre e mia madre rimangono sconvolti, mio padre si incazza anche con me perchè a suo dire questa cosa è gravissima, ma non si rende conto del terrore che avevo. La tizia è in ospedale, ma appena torna, mio padre e mia madre la fanno nera!
L’indomani è proprio mio padre a raccontare che la vicina è deceduta la sera precedente, per rickettsiosi.
Ora, non so perchè ma se penso che quella è stata uccisa da una zecca, beh, mi sembra quasi l’esatta fine per un essere del genere e scusate se sono cattiva.
Non ne parlo mai di questa storia ma ci tenevo a raccontarvela.
Pagine: 12
Lascia una risposta