Qualche mattina dopo alle 6 la tizia urla come una dannata. Ricordate: non urla di rabbia, in quella casa parlano tutti a voce alta, anche il marito quelle poche che si sente. Vengo svegliato di soprassalto. Sbuffo. La sento uscire di casa alle 7, gridando anche lungo le scale. Mi affaccio: “Signora! Mi scusi ancora, però sono le 7. Sta svegliando tutto il condominio, abbassi la voce no?”. Mi fa un cenno con la mano, si scusa e se ne va.
Sabato sera in solitaria. Accendo Netflix, posso riposare anziché lavorare in smartworking. Va tutto bene, finché mi viene difficile sentire i dialoghi del film perché la tizia continua a urlare. Sono le 21:30, glielo lascio correre. Le 22, è sabato, non le dirò niente. Le 22:30.
Stappo una birretta.
Le 23, la birretta sale. Le 23:30. La tizia urla, la birretta è salita, e io scendo. Né brillo né ubriaco. Disinibito. Busso, ma con forza. Poi mi attacco al campanello. Busso, suono. Mi deve aprire. Questa volta esce il marito.
– Ciao. Senti, sono le undici e mezza porco il cazzo siete sempre con ‘sta voce alta a rompere i coglioni. Non voglio più essere gentile. Sento ancora mezzo cazzo di volume dal vostro appartamento e vi faccio aprire il cu*o dalle guardie con una bella denuncia. Che avete deciso, la smettete o vado avanti?
– Ma tu chi ca…
– Amico nun ce prova’, sai benissimo chi sono e ti ripeto: avete rotto il cazzo. Prima delle 9 de matina e dopo le 22 non deve volare una mosca da casa vostra. Io riesco a rispettare gli orari, dovete farlo anche voi.
– Guarda che…
– Non hai capito, non è un dialogo. Devi stare zitto e fissarti un concetto: fino alle 9 di mattina e dalle 22 ci deve essere silenzio altrimenti, ripeto, ti pianto una denuncia in testa.
Ragazzi, giuro che non li ho più sentiti. Avevo bisogno di una spinta, ma a quanto pare dopo la gentilezza è stata necessaria un po’ di ignoranza. Non mi salutano più, ma non mi importa. L’hanno finita.
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