Segue dalla precedente “Non si può più fare niente” ma cronologicamente viene prima.
Ovvero, narra di quando correva il mese di maggio.
L’anno era il 2019. Una mattina, mentre scendevo le scale, mi ritrovai di fronte codesto tizio sulla quarantina dal fare gentile, il quale mi si presentò come il nuovo proprietario dell’appartamento sopra il mio.
“Ciao piacere, benvenuto, questo è un condominio molto tranquillo, qui andiamo tutti d’accordo, ti troverai bene”.
Il tizio mi fece una buona impressione, perciò decisi di essere altrettanto gentile con lui.
E subito il nuovo arrivato si premurò di informarmi dei lavori di ristrutturazione che sarebbero iniziati da lì a poco nel suo appartamento. Pensai: “Certo, prima lì ci viveva una signora centenaria, ci saranno sicuramente dei lavori da fare”.
Mica pensavo che il nuovo arrivato avesse intenzione di sventrare l’appartamento buttando giù tutti i muri per cambiarne completamente la planimetria oltre – naturalmente – a rifare i pavimenti e il bagno.
Insomma per farla breve i lavori di ristrutturazione iniziarono a giugno e si conclusero a ottobre. Quattro, dico, quattro mesi di martelli pneumatici a partire dalle sette del mattino sino alle otto di sera, fine settimana compresi, più tutto ciò che viene insieme ai lavori: vociare di operai, materiali trasportati per le scale, il vialetto costantemente occupato da camion furgoni macchinari e aggeggi vari, eccetera.
E io che lavoro da casa quei lavori interminabili li vissi tutti, dal primo all’ultimo giorno, dalla prima all’ultima ora.
Questo post però non è per lamentarmi dei lavori. Questo post è per lamentarmi di ciò che successe durante i lavori ovvero di come, nell’arco di poche settimane, quel gentile personaggio che mi si presentò per le scale con modi così educati si rivelò per quello che era ed è tuttora: un cafone menefreghista ignorante e rozzo.
Una mattina esco e noto che la tettoia (ci sono delle specie di tettoie qui che coprono gli ingressi) è stata modificata – leggasi: rotta – in seguito all’urto con un mezzo pesante di quelli che stanno facendo i lavori nell’appartamento sopra il mio. Faccio presente la cosa all’amministratore il quale contatta il nuovo venuto che promette che si occuperà subito di fare riparare la tettoia.
Sono passati tre anni e la tettoia è sempre rotta. Di buono c’è che pochi giorni dopo aver rotto la prima tettoia i camion sono andati a sbattere anche contro l’altra, quindi sono rotte entrambe le tettoie.
Passa qualche settimana e un giorno non si vede più la televisione. Dico: “Cribbio, si è rotta la televisione”. Per escludere un problema di antenna, però, scendo al piano di sotto e chiedo alla signora se la sua si vede: non si vede neanche la sua. Allora salgo di due piani: vuoi vedere che la signora di sopra mi dice che lei la televisione la vede?
È sabato pomeriggio e il nuovo arrivato, smanettando a caso con i cavi, ha letteralmente tranciato il cavo dell’antenna centralizzata. Io e tutti quelli sotto di me rimaniamo senza televisione fino al lunedì mattina. Non che uno non possa vivere senza televisione: però se la televisione funziona, in generale, è meglio, metti che, una volta, ecco.
Arriva il temporale. Tira forte il vento e s’appressano le nubi. Occorre chiudere la veranda. Mi accingo a chiudere la veranda. Il lato destro scorre senza problemi sulla sua guida. Il lato sinistro è inchiodato. Si muove, ma si muove con molta fatica e produce un rumore di attrito che non è normale. Guardo bene il meccanismo a scorrimento e scopro che è pieno di polvere rossastra da calcinacci. Sono i calcinacci del piano di sopra, avete presente? Sì, mattoni e intonaco sbriciolati che impediscono alla ruotina di girare correttamente.
Oggi la mia veranda si chiude di nuovo, ma la ruotina danneggiata ha a sua volta danneggiato la guida che ora pare essere stata smerigliata, consumata dallo sfregamento con i calcinacci dei lavori del gentile signore del piano di sopra.
Un pomeriggio suonano alla porta. Vado a vedere chi è. Sono il tizio nuovo insieme al padre – il padre! Quello che “non si può più fare niente”.
Apro.
E i due mi blaterano qualcosa a monosillabi circa la mia cantina, il muro, un buco, una cosa così. Scendo in cantina a vedere. E? Niente. Cosa hanno fatto i signor? I signori hanno preso una mazza e l’hanno usata contro il muro che divide la loro cantina dalla mia. E adesso su quel muro c’è un bel buco di circa trenta centimetri di diametro. Bello. Tondo. I calcinacci ovviamente stanno tutti dalla mia parte. “No ma noi ripariamo, eh! Noi ripariamo subito! Ti facciamo anche dare il bianco”.
Due mesi dopo fui costretto a chiedere ai signori se il buco in cantina intendessero ripararlo nell’anno in corso o più avanti. Così i signori chiamarono un tizio a chiudere il buco. Però la mia parete non fu mai tinteggiata.
Percio è così che il mio vicino da incubo si è presentato. Provocando danni al condominio e ai singoli, la maggior parte dei quali mai riparati. Al termine dei lavori si è insediato sopra di me. E ha iniziato subito a fare rumore. Penso che mia moglie sia salita la prima volta a chiedergli di smettere di lanciare le sedie non più di una settimana dopo.
È un bel vicino. Avete già letto del padre in visita. Ora sapete anche come tutto è iniziato. Non mancheranno nuovi aneddoti di convivenza. La saga continua.
Lascia una risposta