Il terzo appartamento del pianterreno è vuoto. Peccato perché quelli di prima erano carini. Saliamo quindi le scale, e parliamo della famiglia G., quella dell’ex militare come capofamiglia.
Della famiglia G. ci interessa parlare di padre e figlio.
Premessa necessaria: io mi sono trasferita qui qualche settimana dopo il mio compagno, perché ebbi dei problemi familiari improvvisi piuttosto grossi e per i primi tempi ogni tanto comunque dovevo stare a casa con la mamma. Questo elemento ci servirà dopo.
Comunque, ricordate che vi dicevo che ogni appartamento ha un garage? Il loro è adibito a uso… boh, tutto, il padre là dentro ci campa. Estate e inverno. Scende le scale, prende la macchina per percorrere i 15 metri che lo separano dal garage, apre il bandone. E lì svolge una gamma di attività che vanno dal guardare serie di DMax o fare maratone di Top Gear, full immersion di musica Frenchcore, giocare a Diablo III (riconosco i dialoghi) e Skyrim con unica costante il volume allucinante del device che utilizza.
Svolge inoltre attività di riparazione pc e laptop, consulenze informatiche di vario tipo, sincronizza telecomandini dei cancelli. E insieme ai coniugi B., che tuttavia odia, vive qui da trent’anni ed è il secondo vigilante del palazzo. Il mio compagno chiama B. e G. rispettivamente Don Camillo e Peppone.
Recuperiamo quindi la premessa.
Quando mi trasferii stabilmente qui ero ancora turnista: questo significa che mi muovevo a orari abbastanza improbabili (alle cinque di mattina, alle nove passate la sera, quando non erano le dieci perché perdevo il bus, o all’ora di pranzo). Siccome io e il mio compagno siamo abbastanza riservati (all’epoca al limite dell’essere asociali) evidentemente non avevano capito che oltre al mio compagno a un certo punto mi sarei trasferita anche io.
Un giorno ero rientrata dalla notte, mi ero data il cambio col mio compagno che era a fare l’intera giornata a lavoro, era il primo giorno in cui sarei stata a casa nostra da sola. Dal garage/officina lo sento sbraitare a un volume allucinante parole come “vorrei sapere chi le ha dato le chiavi”, “adesso lui lo chiama e dice che questa persona deve subito riconsegnare le chiavi del cancello e del portone”, “vattelapesca questa chi fa entrare in casa”.
Io, che dopo i turni di notte entravo in uno stato di fragilità mentale tale che mi potrei addossare anche la responsabilità della morte della madre di Bambi, chiamo il mio ragazzo e riferisco mugolando che parlava sicuramente di me, perché lui non mi aveva quasi mai vista e quindi pensava che fossi una ladra. Mi becco della folle imparanoiata dal mio compagno e decido di andare a dormire. Invece, per la serie “a essere maliziosi si fa peccato ma tante volte ci s’azzecca”, quella che avevo sentito era una telefonata che lui aveva fatto a B. del pianterreno, in modo da fargli chiamare l’amministratore (che è stato davvero chiamato) perché pensavano che io fossi una trombamica del mio compagno e che lui mi avesse lasciato le chiavi di casa completamente a caso. L’amministratore ha chiamato il mio compagno solo per raccontargli la scena crepando dalle risate.
Finisco brevemente col figlio. Quello appassionato di motori. È un TikToker. Questo vuol dire che ciclicamente il piazzale si riempie di amichetti suoi che gli fanno hype e da comparse mentre registra con un numero di ciak che Tarantino veramente levati, video di lui che scende dalla moto e si leva il casco, lui che c’ha la tuta Dainese nuova, e si fa fare le riprese dal piede alla testa, lui che (l’ho visto con i miei occhi) ha due ragazze che cercano di baciarlo ma lui le manda via perché va a baciare la moto.
Segue fase di montaggio del video, fase di upload del video, circa 780 visioni del video, urla belluine quando arrivano i momenti topici del video: “No bellissimo fra questo va virale sicuro”.
Dal garage, il padre lo guarda orgoglioso col sigaro in bocca.
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