Ceramiche e non solo – storia buco… colica.
Dovete sapere che, nonostante la mia vita altrove, io resto un ragazzo di campagna (non bello come Renato Pozzetto, però) che ancora la ama, ma non ci abiterebbe mai più per una serie di motivi.
La campagna è bella per un periodo di tempo breve, magari in primavera e autunno e possibilmente non per tutto il resto dell’anno, perchè avere un pezzo di terra (non coltivato) accanto a casa, può essere più un problema che altro.
Se poi non gradite sorci, serpi, volpi, ricci e vicini che emulando Rambo strisciano DI NOTTE nel tuo giardino per fregarsi la frutta o gli attrezzi che hai lasciato in giro (arrivando a scavare sotto il filo spinato o tagliandolo) è meglio che prendiate in considerazione di NON vivere mai in campagna.
Perché in campagna, una certa campagna soprattutto, spuntano spesso fuori fucili da caccia e “l’autocombustione di alberi e oggetti di tua proprietà” diventa insolitamente frequente.
I miei genitori, ad un certo punto del nostro vagare di casa in casa, comprarono una villetta su una collina con un ettaro di terreno affacciato sul mare. La casa è piccola ma splendida, se non c’è vento. Cioè… mai.
Quindi è un po’ meno bella di come sarebbe in qualunque altro posto.
Definisco il posto “Cime tempestose” a ragione (molta ragione…) ma non è un luogo di drammi romantici che prevedono anche la presenza di spiriti solo… di drammi che includono spaventosi fenomeni “para anormali“.
Non potrei definire diversamente la gente che vive attorno ai miei.
I vicini di casa di mio padre e mia madre penso che sfiderebbero la pazienza di un santo e né io, né mio padre, abbiamo avuto in sorte un temperamento da missionario martire quindi non siamo stati cari a nessuno da subito.
La casa è circondata da: ladri; gente che ha trovato normale scaricare la fogna di casa nel nostro giardino; esemplari di subumani aggressivi che si fanno la guerra per un metro di terra di confine arrivando ad avvelenare gli orti dei vicini e persone che trovano normalissimi comportamenti antisociali e sporchi.
Il più innocuo del gruppo studia il vento e fa rigorosamente grigliate quando “butta” verso casa dei miei, così da farli letteralmente soffocare nei miasmi della sua pessima salsiccia bruciata. Regolarmente.
La cosa migliore è che costoro sono pure TUTTI IMPARENTATI, questione che però spiega la genialità diffusa nel quartiere.
Quando la casa fu presa da mio padre, i tizi vissero male l’intrusione degli ESTRANEI nei loro affari, ma per un periodo ebbero la buona creanza di ignorarci. Furti a parte. Perché prima che mio padre si decidesse a recintare la terra (e vennero a casa nostra in puro stile mafioso dicendo che non era lecito farlo per chissà quale idea di libertà sui terreni altrui) mia madre si trovò DENTRO CASA gente che rovistava nel nostro ripostiglio e che voleva pure la ragione di farlo.
I furti erano continui, soprattutto delle nostre arance, delle prugne, delle nespole…
Avevamo gli alberi e non potevamo mai avere UN FRUTTO dei nostri. Mai.
Una volta, in una botta di perfidia causata dalla frustrazione annoiata, sapendo che non avrei potuto mai mangiare le prugne del mio albero (che rubavano a rate e acerbe) decisi di spennellarle tutte con una mistura “esplosiva ricetta calabrese/messicana” che avrebbe dato uno sprint supplementare all’azione lassativa delle prugne. Spero sempre che la trovata abbia avuto un certo effetto perché le prugne furono (ovviamente) rubate tutte e visto l’aumento dell’aggressività nei miei confronti (soprattutto) penso proprio di sì.
Il vicino di cui voglio raccontare oggi non è però il ladro di frutta (e altro) è quello che abbiamo davvero… troppo vicino. Perché fra casa nostra e la sua c’è un fazzoletto di terra largo circa 4 metri e non di più. E questa è la tragedia assoluta della casa.
Immaginate Bombolo (il raffinato attore premio Oscar di una serie di film autoriali degli anni Settanta/Ottanta) e aggiungete a tale presenza scenica una voce sguaiata dell’estensione di tre ottave, con la quale la “finezzitudine” del soggetto trova regolare sfogo in un linguaggio incomprensibile farcito però da limpidissime bestemmie e insulti alla sua famiglia. In particolare alla moglie, una poveraccia che chiama regolarmente “scecca” ossia “asina”.
Penso debbano essere molto innamorati, infatti il tizio la cerca sempre:
“Cettinaaaaa, sceccaaaaaa veni accaaà o ti spacco u’ mussu!”
(Cettina, tesoro… potresti venire qui con una certa urgenza? Grazie)
In anni non ho mai sentito la signora Cettina dire una sola parola, probabilmente è muta e Ciccio (nome di poca fantasia) impreca per tutti e due e il resto della famiglia, due povere ragazze che si sono entrambe sposate a 18 anni (una con il tizio che passava a portare il pane nella strada e l’altra con quello che portava a domicilio i surgelati) e che vivono a cinque metri da casa del padre.
Per antipatia nei nostri confronti, e divertirsi a metterci in imbarazzo, si piazza regolarmente in canotta (camicia felpata stile Peo Pericoli in inverno) e pantaloni (sostituiti da mini mutande bianche in estate) a zappare davanti alla cucina dove mia madre è spesso costretta a subire la sua performance artistica, compresa la saltuaria “cagata sotto l’albero” (ha fatto pure questo dicendo che è casa sua e può fare quel che vuole).
Questo tizio, dopo le discussioni avute con mio padre e me, ha cominciato a concimare con cacca di coniglio SCIOLTA IN ACQUA il terreno confinante al nostro, addirittura arrivando a farci la doccia (letteralmente) un giorno che stavamo prendendo un caffè fuori. Immaginate Ciccio con una bella pompa a lunga gittata INAFFIARE MIO PADRE (soprattutto, ma anche ME) con la tazza della colazione in mano, mentre alle 7 del mattino di una giornata estiva, concimava il suo orto rigorosamente seminudo.
Sarà stato lo shock, ma ricordo chiaramente che indossava uno dei suoi “mutandini” tanto striminziti che una sinistra, orribile, similitudine tra quello e un balconcino insufficiente a contenere le tette rifatte di una ballerina di Colpo Grosso, mi risultò comicamente evidente anche cercando di cacciare via un pensiero simile dalla testa. Soprattutto mentre ti innaffiava di cacca di coniglio.
Quella volta non arrivammo alle mani perché cercai di evitare l’omicidio di mio padre (Bombolo è due volte lui e mio padre è un medico, non un rissaiolo) e di finire dentro io, per omicidio, ma fu più che mai evidente che la situazione stava prendendo una brutta piega e lui e altri godevano nel renderci la vita sempre più sgradevole, anche nelle piccole cose.
Un giorno Bombolo decise di rifare i bagni di casa (orrendi anni Sessanta) ma dovete sapere che questa gente ha un problema enorme a buttare le cose giuste e butta in giro spazzatura (anche sotto le sue finestre) senza neanche pensarci troppo.
La vasca cacciata fuori dal suo bagno “padronale” fu infatti da lui rapidamente riciclata come porta attrezzi e sacchi di concime (ebbene sì). Il tocco di classe però, fu dato dalla mano gentilmente femminile della signora Cettina la quale, probabilmente pensando che buttare della ceramica fosse uno spreco, “riqualificò” i due water di casa come portafiori sistemandoli esattamente davanti alla porta della nostra cucina.
Ora immaginate questi due vecchi cessi in una gloria di petunie (credo) multicolori. Si dice che i fiori riescano a migliorare ogni cosa e sono generalmente d’accordo, ma quei due water (pure malmessi) riuscivano nella difficile impresa di rendere punk persino l’idea di mettere dei fiori davanti a casa. Quando poi riciclarono uno dei bidet come “fontanella esterna” capimmo che non si trattava di dispetto nei nostri confronti, ma personale convinzione che il tutto fosse una reale miglioria estetica del cortile davanti a casa loro (e purtroppo anche davanti a casa nostra). Incredibilmente la faccenda si risolse a causa di un nostro gatto in un momento di diarrea cronica davvero impossibile da trattenere.
Per qualche strano mistero, uno dei tanti che hanno a che fare con i felini, il gatto in questione andava a fare la sua sciolta SOLO nei water della signora. Immaginate questo gatto intento a LIBERARSI in posa, molto educatamente, nel tazzone fiorito e usare le petunie per pulirsi il fondello tigrato. L’operazione aveva un normale regolarità.
Ogni volta che vedevamo la scena, io e mio padre eravamo sul punto di fare una standing ovation al gatto anche perché Striscio (il suo nome) trovando la reazione dei vicini poco educata nei suoi confronti (cercarono di ammazzarlo) iniziò anche a lasciare ricordi nella “fontanella” di casa di Ciccio e poi a scavare nel suo orto usando anche le foglie dei suoi cavoli come carta da culo. E poiché i gatti soffrono di tendenza all’emulazione, partito Striscio… cominciarono a farlo tutti gli altri.
Perché non ho detto che i miei genitori hanno una colonia felina (12 gatti al momento) regolarmente registrata e vaccinata e che vive LIBERA in giardino (tenendo lontane le pantegane).
I due cessi “deluxdecor” durarono un paio di mesi SCARSI poi furono abbandonati e quindi allontanati da lì. Non un solo fiore regnava più nel loro cortile e avevano cacca di gatto pure sulla tettoia della cucina. Per cercare di cacciare i gatti, che ormai avevano preso l’abitudine di defecare IN MASSA a casa loro, buttarono via tutto e sgombrarono il posto anche della terra CONCIMATA che usavano tenere in montagnole proprio sotto il nostro naso.
Fatto questo, Striscio e compagni ripresero a fare quello che dovevano chissà dove, ma non certo davanti casa nostra, e tutto tornò più o meno alla normalità.
Purtroppo i gatti non risolsero anche la faccenda delle urla e dell’abbigliamento elegante di Ciccio ma ammettiamo che vederlo comprare dei normali vasi, è stato soddisfacente e chissà come mai… i nostri gatti non hanno mai più toccato i fiori della signora Cettina o insozzato il loro giardino.
E pace fu.
Fino alla prossima mutanda calata di Ciccio, naturalmente.
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