Ho cominciato con “a-a-a… a-aa-.. ch-ch-che pi-pi pi-ano v-v-va?”, non riuscivo a parlare e riprendevo la frase dall’inizio. Tra la mia domanda e la sua risposta sono passate due ore, non solo per il balbettamento che ormai aveva raggiunto livelli folli, ma per come abbiamo cominciato a ridere.

Ad un certo punto, durante la mia domanda sul piano da raggiungere lui, ridendo, mi ha risposto m-m-m-m m-m-mm-a  m-m-mi p-pr-pr-eendi p-p-per i-l-l-l c-c-c cu-cu-u-lo?”

E niente è stato assurdo: avevamo le lacrime agli occhi. Noi due fermi un un ascensore che non partiva impegnati in un dialogo surreale, ridendo come matti.

Una delle rare volte in cui il nostro problema ci ha resi felici. Ancora oggi, se ci incontriamo, scatta un sorriso bellissimo e qualche risata ricordandoci di quella scena ma stiamo attenti a non dirci una parola, perché altrimenti partirebbe un’altra mezza giornata e risate a crepapelle.

Un saluto dal vostro fedele lettore Giorgio

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Vicino

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