Penso al povero micio sul pavimento gelato…è caduto malamente, potrebbe essersi spezzato la schiena…se lo sollevano potrebbero peggiorare le cose. Non so, forse l’ho visto in un film, ma l’idea che lo prendano da terra e gli causino più danno mi fa stare male.

“E pure un cartone!”

Intanto si è svegliato tutto il palazzo, sento gli inquilini che aprono e chiudono le porte, ma non si manifestano.

Incrocio mia moglie con un’asciugamano, scende di corsa per portarla ai ragazzi. Entro in casa, distruggo un cartone e ne prendo un pezzo abbastanza dritto da sostenere il gatto.

Arrivo nel cortile. Il micio riconosce la voce della ragazza, le risponde miagolando e fa per alzarsi. Intanto gli passano il cartone sotto alle zampe. La madre mi dice che è molto malato, vedo solo ora che è praticamente glabro e ha delle fascette sulle zampine, forse gli ingressi delle flebo.

I ragazzi raccolgono il micio col cartone, avvolgono tutto nell’asciugamano e corrono via, seguiti dalla madre di lei. La macchina li stava aspettando fuori al portone per portare il piccolo in clinica. Quella maledetta porta chiusa gli ha fatto perdere almeno un quarto d’ora.

Mia moglie ed io ci guardiamo in faccia sgomenti, chiudiamo la porta del cortile, torniamo a casa.

Andiamo sul balcone, quasi a sincerarci che sia successo tutto davvero. Al terzo piano una signora mi chiede se hanno recuperato il gatto. Le dico che sì, lo hanno preso e portato in clinica. La tipa rientra nel buio. Anche noi chiudiamo tutto e andiamo a letto. Il giorno dopo, ci affacciamo: il balcone al secondo piano è chiuso, sembra che non ci sia nessuno in casa.

Durante il giorno abbiamo degli impegni, quando torniamo guardiamo di nuovo in su: niente, ancora buio. Si fa sera, a un certo punto suonano al campanello, è la ragazza. Il povero micio non ce l’ha fatta, ma lei ci teneva a ringraziarci: ci ha portato una crostata. Ci racconta che la corsa è stata inutile, ma almeno è morto fra le sue braccia mentre andavano in clinica e non da solo sul pavimento del cortile.

“Credo che si sia buttato, perché soffriva troppo”.

In effetti il balcone è sempre stato a prova di gatto, fin dal primo giorno che si sono trasferiti. Lo hanno chiuso in modo che non potesse cadere e il micio usciva solo per i bisogni, guardato praticamente a vista. Abbiamo tutti quanti gli occhi lucidi. Ci salutiamo così, consapevoli che abbiamo fatto tutto il possibile, ma che non era abbastanza.

Forse il povero gatto voleva davvero farla finita, forse è una balla consolatoria ma chissene…

Il vicino da incubo può anche vivere lontano, come quel gran…signore dell’amministratore. Sto pensando che prima o poi ci sarà la riunione di condominio e che gli porterò una crostata.

E sarà ripiena di guttalax.

 

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