Il signor Torrisi abita al piano sopra il mio. Pensionato, vedovo, ex militare.
Lui non parla mai di sé, ma il corridoio ne parla per lui.
Profuma di candeggina 23 ore su 24.

Non esagero.
L’ascensore sa di piscina comunale.
Il pianerottolo, di obitorio appena ristrutturato.
Una volta un corriere ha chiesto se lì ci fosse una lavanderia industriale.

Il primo sospetto si è concretizzato quando, salendo le scale, ho visto una riga di carta igienica imbevuta, lunga due metri, davanti alla sua porta.
Non un caso isolato.
Un sistema.
Ogni giorno nuova, ogni giorno bagnata.
Candeggina pura.
Spiegata a mano, con cura maniacale.
Lui la chiama “la barriera batterica”.

Poi sono iniziate le incursioni olfattive.

Una mattina, apro la porta e vengo investito da una zaffata al cloro che mi fa lacrimare.
Salgo per capire se ci sia stata una fuga chimica.
Trovo il signor Torrisi che strofina le ringhiere con uno straccio bianco, i guanti fino al gomito, e una mascherina con filtro.
Senza dire nulla, mi guarda e spruzza.
Puntualmente. Tre volte. Ritmato.
Come un rituale.

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