Il vicino ad Hong Kong.
Su questa pagina ho raccontato in passato del mio vicino americano e delle gemelle canadesi. Come ho già avuto modo di dire, il mio lavoro mi ha portato a girare gran parte del globo terracqueo.
Uno dei vicini che ricordo con un mix tra terrore e risa è quello che è stato il mio vicino durante i miei quasi 2 anni passati ad Hong Kong.
Si faceva chiamare Long.
Parlava qualche parola di Italiano: da giovane aveva lavorato vicino a Prato e il suo modo di parlare era davvero divertente: immaginate un cinese che parla con accento toscano o un toscano che parla con accento cinese. Nel grande palazzone dove abitavo era conosciuto da tutti per via della sua mole.
Era un omone mooolto robusto (credo 130/140Kg) molto gentile e cordiale. Mi diceva sempre di essere diventato gay in Italia (pelchè i uomini di ‘taliani mooto beli”) e di aver affinato le sue tecniche proprio ad Hong Kong, dove la comunità LGBT è molto numerosa. Parlava discretamente in inglese.
La cosa simpatica è che spesso lo sentivo divertirsi con il suo compagno (stazza simile) e nonostante le case siano sicuramente più insonorizzate rispetto alle nostre, la sua mole, quella del compagno e i vocioni di entrambi, facevano si che urla si propagassero in tutta la palazzina e soprattutto nella mia camera da letto che confinava con la loro.
Spesso sentivo urlare “ma le ma ma ja” ed ero convinto che fosse qualcosa tipo “si dai, che bello” in lingua local.
Ho sempre fatto finta di niente, non mi sono mai lamentato anche se a volte il baccano era davvero impressionante, cercavo di riderci sopra, fino a quando un giorno, improvvisamente sentii un botto assurdo.
Poco dopo sentii suonare alla porta: il compagno del vicino, in un inglese stentato mi chiedeva aiuto. Indossava solo un asciugamano. Mi chiese di seguirlo ed entrai nell’appartamento di fianco al mio.
La scena che vidi fu a dir poco assurda: il letto si era sfondato, creando una sorta di buco, il materasso spostato, quasi completamente fuori dal letto, mentre il vicino era finito in un vero e proprio buco che si era aperto tra le doghe del letto che si erano aperte, spezzate e volate via.
Era completamente nudo e con più cercava di uscire da quel buco con più sembrava rimanere incagliato in quella posizione supina.
Appena mi vide cominciò a ripetere come un mantra “ma le ma ma ja”, lo guardai perplesso. Non sapevo se ridere o piangere, ma mi feci coraggio e provai a tirarlo con tutta la forza che avevo in corpo per metterlo seduto.
Non riuscii a muoverlo di un solo millimetro. Cominciai a sudare. Per tentare di fare più forza, salii sopra il materasso, ormai completamente a terra.Parliamo di materassi tipo lattice, molto più alti rispetto agli standard europei. Non appena misi i piedi su quella sorta di blog bianco, il materasso fagocitò le mie caviglie e mi fece volare sul pover uomo già in stato confusionale.
Atterrai nel morbido ma il poveraccio, questa volta in preda al dolore atroce, urlò il suo mantra (che evidentemente andava bene sia per il dolore che per il piacere): “ma lema ma ja”
Non sapevo più cosa fare, lui che si dimenava nel buco, senza nessuna possibilità di movimento, l’altro che continuava ad urlare in cantonese, incazzandosi (almeno credo) con il poveraccio che nonostante gli sforzi non riusciva a muoversi di una virgola.
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