L'erba del vicino non è sempre più verde

Vicini Ladri

La banda

Non ci volle molto per capire che il giovane “nonno”, invitava i ragazzi a casa e li gli dava da bere fino al punto di vederli barcollare. Mio figlio era restio a parlarne e “difendeva” l’uomo dicendo che era buono e li faceva divertire. C’era qualcosa che non mi tornava. L’idea che in qualche modo fosse un predatore sessuale, sinceramente, non mi aveva mai sfiorata perchè molti di quei ragazzi erano assolutamente svegli e abbastanza “adulti”, nonostante fossero minorenni.

Qualcosa però non mi tornava: perchè mai questo tizio stava diventando il centro del ritrovo di ragazzini? Cominciai a passare con la macchina davanti al bar e spesso lo vedevo li fuori, seduto al tavolo con la sua bottiglia di vino e i ragazzi intorno a ridere e scherzare. Un giorno nel passare, lo vidi mentre seduto al tavolino, versava un bicchiere di rosso a un bambino che avrà avuto 12/13 anni.

Fermai la macchina, andai da lui con fare minaccioso e ne nacque una discussione grossissima. Me la presi con lui e con il barista (è un posto relativamente piccolo e ci si conosce tutti), minacciai di denunciarlo e dissi al ragazzino che avrei avvisato la madre, cosa che feci.

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Sorvolo sulla risposta della mamma “ma sono ragazzi, finché bevono un bicchiere ogni tanto, fanno esperienza”. Stupidamente, non andai a denunciare la cosa, il barista mi assicurò che avrebbe vigilato, che prima non era mai successo e che non sarebbe successo in seguito. Lui, il rozzo, mi disse che dovevo farmi i cazzi miei e che non stava facendo nulla di male se non insegnare ai ragazzi come “diventare uomini”.

Quella stessa sera appena mio figlio rientrò in casa, mi accorsi che qualcosa non andava. Era quasi in lacrime e andò in camera sua evitandomi. Andai da lui e cercai di capire cosa stesse succedendo. Provai a parlarci, cercando di farlo aprire, ma era chiuso in sè stesso, non voleva ascoltare, non voleva parlare, poi le lacrime gli solcarono il viso, anche se provava a trattenerle.

Ci volle parecchio tempo, tutta la pazienza possibile immaginabile ma alla fine fu un fiume in piena. Era stato “allontanato” dall’uomo per colpa mia. Lui gli aveva detto che: “siccome hai una madre che non si fa i cazzi suoi, non ti chiamerò più”. Anche gli altri ragazzi l’avevano maltrattato ed insultato per il fatto che avesse una madre stronza (e non furono solo queste le parole che usarono).

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Alla fine, mi raccontò tutto, ci volle quasi tutta la notte, ma la verità venne a galla: l’uomo caricava 2 o 3 ragazzi per volta in macchina e li portava nei cantieri della zona, anche oltre la Provincia. Sceglieva orari o giorni della settimana in cui i lavori erano fermi. Una volta giunti sul posto, lui rimaneva in macchina a fare da “palo”, mentre i ragazzi entravano nei cantieri attraverso le recinzioni (che non sempre c’erano).

Muniti di tronchesi, facevano saltare lucchetti e catene dei capanni dove erano depositati gli attrezzi dei muratori e li ripulivano. Portavano tutto il possibile (in modo particolare gli attrezzi elettrici) in macchina e si allontanavano.

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