L’uomo alla fine della razzia riportava i ragazzi al bar (la base logistica) e poi, complice un conoscente rivendeva le attrezzature rubate. Da quello che seppi successivamente, anche a cifre molto alte. Il compenso per i ragazzi era una bevuta a casa del tizio, qualche soldo (pochi spioccioli da spendera al bar e nella sala giochi) e “il far parte della banda” che, in qualche modo, era per loro senso di appartenenza. Lui, invece, poteva contare sull’impunibilità dei ragazzi, sempre e solo minorenni, nel caso in cui l’avessero beccato.
La cosa era studiata nei particolari: tra i ragazzi più grandi, un paio fungevano da reclutatori e imponevano il silenzio, semplicemente minacciando i più piccoli. Quando il materiale era rivenduto, anche i più grandi avevano le loro bevute e 4 spiccioli assicurati.
Mio figlio confessò di aver partecipato ad almeno 3 o 4 “scorribande” (come le chiamava “il gretto”) e di aver paura che i reclutatori potessero sapere che stava confessando, perchè le minacce, in quel caso, erano pesantissime.
Il primo istinto fu quello di andare a denunciare tutto, tuttavia vidi il terrore negli occhi di mio figlio perchè aveva partecipato alle “scorribande”. Non mi preoccupai di quello, quanto del fatto che avrebbe potuto avere delle ritorsioni: come ho detto si trattava di un posto piccolo e lui avrebbe potuto essere isolato dal branco e “punito” per lo sgarro.
Pensai, prima della denuncia che sarebbe stato giusto avvisare le famiglie dei ragazzi coinvolti. Conoscevo molti dei i genitori dei ragazzini e individuai tra loro 4 o 5 famiglie con cui sapevo avrei potuto parlare (non di certo chi mi avrebbe risposto “sono ragazzi”). Li chiamai al telefono e chiesi di vederci senza dire nulla ai rispettivi figli, anticipando loro la gravità della situazione.
Decidemmo di vederci la sera dopo. A quel punto scoprii che tutti avevano notato gli strani atteggiamenti dei figli che, in quel periodo erano “cambiati” e qualcuno aveva già avuto il sospetto di cosa stesse accadendo. Un padre disse che, nel cantiere dove lavorava come muratore, avevano portato via i martelli demolitori e altra roba di cui non ricordo il nome. La cosa fu denunciata e seppi in quel momento che i giornali della zona, parlavano spesso di furi avvenuti nei cantieri. Comunque… fu proprio lui a suggerire di non denunciare la cosa ma di agire in modo diverso.
Ancora oggi mi chiedo se sia stato giusto o no, ma ai tempi, la vidi come valida alternativa.
Poco tempo dopo scattò la trappola. In qualche modo (a distanza di anni non so ancora come), il padre del ragazzo, riuscì a sapere che ci sarebbe stata una nuova “scorribanda”. Quello che successe mi venne raccontato da lui, presente sul posto.
Quella sera quando la macchina del vicino arrivò al cantiere, scesero 2 ragazzi attorno ai 15/16 anni, si diressero verso il ricovero degli attrezzi. Non fecero in tempo a tagliare le catene. Furono immediatamente bloccati dai muratori che lavoravano li e che li stavano aspettando nascosti nella casa in costruzione.
Nel frattempo 5 o 6 colleghi avevano raggiunto e circondato la macchina “dell’animale”. Lo tirarono fuori e…. beh, non so se avete presente un muratore bergamasco incazzato come possa essere “delicato”. So solo che gli diedero tante botte, ma tante, al punto che dovette essere portato via in ambulanza.
Sul posto giunsero anche i carabinieri, perchè i muratori bergamaschi, non sono di certo fini, ma non sono sicuramente neanche degli assassini e chiamarono immediatamente le forze dell’ordine quando presero il tizio. Diciamo che tra quando l’hanno tirato fuori dalla macchina e quando sono arrivate le pattuglie, lui se l’è vista brutta.
L’uomo venne arrestato, condannato a 3 anni di reclusione per furto aggravato continuato, ricettazione e l’aggravante della circonvenzione di minori. Nella sua abitazione i carabinieri trovarono moltissimo materiale pronto per essere rivenduto. Non solo attrezzi edili ma anche biciclette, motorini e canne da pesca.
Tutti i ragazzi coinvolti furono ascoltati in caserma, compreso mio figlio. Nessuno ebbe alcun tipo di conseguenza perchè fu riconosciuto il fatto che avevano partecipato ai furti in quanto raggirati dal vicino di casa. Il padre che aveva organizzato “l’agguato” mi disse successivamente che il figlio era coinvolto anche nel furto del cantiere dove lui stesso stava lavorando, anzi era stato proprio il figlio a fornire alla “bestia” indicazioni sul luogo.
Uscì prima del tempo dalla sua villeggiatura forzata in carcere, in quanto gravemente malato e poco dopo essere tornanto a casa, se ne andò per sempre.
Oggi sono nonna, mio figlio mi ha donato due splendidi nipoti. E’ diventato un uomo “di sani principi” ed è il mio orgoglio di madre. Tutti i ragazzi oggi sono uomini e mi auguro possano aver impartato da quell’esperienza di gioventù. Poco meno di un mese fa, ho incontrato uno di loro che mi ha detto: “se non ho preso una brutta piega, devo ringraziare te”:
Sicuramente non è così, sicuramente, crescendo, avrebbero capito da soli dove li stava portando il destino, ma essere stata una parte importante nello smantellare quella piccola organizzazione ancora oggi, mi fa piacere.
Scusate se mi sono dilungata tanto, un ringraziamento a chi avrà avuto la pazienza di leggermi.
DImenticavo: la casa attaccata alla mia è stata ristrutturata e venduta nel corso degli anni. Oggi ci abita una famiglia originaria del Perù.
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