Vi racconto questa, successa circa una ventina di anni fa (forse di più) nella “bassa bergamasca”. È una storia a cui penso spesso. È un po’ lunga, ma credo valga la pena leggerla forse perchè, alla fine, c’è qualcosa di positivo.
Avevo un vicino di casa, un uomo grosso, rozzo, che passava le sue giornate facendo la spola da casa al bar. Ai tempi aveva circa 55 anni. Mi aveva creato diversi problemi: la sua casa confinava con la mia, era proprio attaccata ma aveva bisogno di urgenti lavori di ristrutturazione. Le case erano state costruite all’inizio del 900, anticamente era un’unica proprietà, da cui, nei decenni successivi erano state realizzate 2 unità abitative indipendenti.
Dalla sua parte l’intonaco si era staccato in diversi punti e il tetto, nella sua parte di casa, stava cedendo: si era “afflosciato”, segno che le travi di legno probabilmente stavano marcendo. Non sono un’esperta di problemi strutturali ma credo che fosse proprio il cedimento del tetto a creare enormi crepe, soprattutto in corrispondenza di porte e finestre.
Tante volte ho avuto il timore che casa sua venisse giù e che trascinasse anche casa mia. Negli anni io avevo fatto fare diversi lavori (compreso il rifacimento del tetto) che mi erano costati una fortuna, al punto da dover ricorrere a un mutuo per la ristrutturazione.
Lui no, a lui non importava, lui spendeva tutto quello che aveva al bar. Non l’ho mai visto lavorare un solo giorno della sua vita. Se qualcuno di chiedeva cosa faceva di mestiere, lui rispondeva che faceva il muratore ma che non aveva più potuto lavorare e per questo aveva una pensione di invalidità. Io sapevo con certezza che aveva fatto il muratore (nonostante la sua parte di casa non stava più in piedi e non ci aveva mai messo mano) e che ancora, di tanto in tanto facesse dei lavoretti (cose di poco conto).
Mio figlio ai tempi, non aveva ancora 17 anni ed aveva cominciato ad avere verso quest’uomo uno strano “affetto“, lo vedeva come una specie di nonno. In realtà “il grezzo” era giovane, ma dimostrava molti più anni di quelli che aveva. Inizialmente il fatto che mio figlio lo cercasse non mi dava troppo fastidio, ma con il passare del tempo la cosa cominciò a piacermi sempre meno, anche perchè con questo personaggio avevo parecchie discussioni per via della casa e del suo pezzo di giardino: una vera e propria discarica, piena soprattutto di macerie, sacchi di cemento consolidato che erano li da prima che io nascessi, pezzi di armatura arrugginiti da millenni, pezzi di bicilette, scheletri di motorini e tante altre schifezze che erano diventate rifugio per i ratti della provincia di Bergamo e zone limitrofe.
Nonostante questo, avevo notato che, con il tempo, la casa dell’uomo era sempre più frequentata da ragazzini. Li sentivo arrivare con i loro motorini che parcheggiavano sempre davanti alla mia porta, poi andavano da lui, si fermavano li per qualche ora.
Mi capitò di veder uscire dei ragazzi ubriachi da quel posto e la cosa cominciò a preoccuparmi, così decisi di andare a fondo e cominciai a fare domande, in primis a mio figlio.
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