Storie dal vicinato

La mia odissea nello strazio (pt 1)

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Antinferno

Parto dicendovi che fino ai miei 21 anni ho vissuto in una vecchia cascina ristrutturata nei primi anni ’90 con 25 famiglie trasferite quasi tutte contemporaneamente, con giardini comunicanti senza recinzioni, eravamo una trentina di bambini della stessa età, più o meno, e i rapporti erano meravigliosi con tutti (tranne i soliti 2/3 che si trovano in ogni condominio). Anche di questo condominio avrei cose da raccontare: tra la vicina che minacciava di uccidere il suo cane quando abbaiava solo per poi chiedergli scusa piangendo, a quella che ci bucava i palloni da calcio quando arrivavano nel suo giardino e a quello che si vedeva solo una volta al mese e faceva un baccano infernale di notte; ma non è questo il giorno, oggi vi racconto di quando, appunto a 21 anni ho scelto di andare a vivere da solo.

Trovo questo bilocale (chiamato “bi” solo perché aveva un muro che separava zona giorno da zona notte ma era veramente piccolo, mi sembra 31 mq calpestabili) a 2 minuti a piedi da casa dei miei genitori, e dalla finestra della camera potevo praticamente parlargli in quanto il loro giardino si trovava confinante con la mia camera.
Mi accordo con il proprietario (nonché quello che si rivelerà essere il mio Vicino Infame) per l’affitto e sulle tempistiche per poter entrare in casa e da lì inizia il calvario.

Girone delle manie

Partiamo dal primo giorno:
I mobili sono vecchi, ultra vecchi, tavolo e mobili da cucina in legno e resina color verde anni ’50. Decido quindi di cambiare l’arredamento acquistando mobili nuovi e un divano, ma soprattutto un frigorifero visto che il proprietario non vuole acquistarne uno nuovo e quello già presente non funziona. Mi faccio consegnare i mobili e il frigorifero e, visto che non posso essere presente e avendo un posto auto coperto senza saracinesca, comunico a chi consegna di scaricare direttamente dentro il garage.

Arrivo a casa la sera dopo il lavoro già sapendo che dovrò faticare parecchio, ma i mobili non ci sono. Vado nel panico e chiamo subito il negozio che però mi comunica che la merce è stata consegnata come richiesto. Vado subito dal vicino di casa e di posto auto (non troppo infame) a chiedergli se ha visto qualcuno scaricare e mi risponde che sono arrivati un’oretta prima e che i padroni di casa hanno spostato tutto nel loro magazzino.

Chiamo il proprietario che mi dice che effettivamente le mie cose le ha prese lui pensando che fossero sue. In pratica si è fregato, in questo ordine: frigorifero, tavola da cucina allungabile, 4 sedie, divano 2 posti, mobile tv, dispensa per cucina e infine un pacco di pasta varia che mi ha portato mia madre.
Logicamente lui quel giorno è non è in casa, quindi non può restituirmi la roba. Visto che comunque dovrei svuotare casa dai suoi mobili decido di iniziare quel giorno per finire poi l’indomani portando dentro le mie cose.

Metto tutto il mobilio nel mio posto auto, il tutto impacchettato con film plastico industriale più uno strato di cellophane bello spesso per prevenire possibili problemi ai suoi mobili. Appoggio tutto sopra un bancale in modo tale che niente tocchi terra e finalmente dopo 2 ore la casa è vuota.

Girone del sangue mancato

Il giorno dopo mi trovo 10 chiamate perse alle 9 del mattino da parte del proprietario. Preoccupato richiamo, e questo mi dice che non avrei dovuto assolutamente spostare le sue cose dalla casa. Tralasciando il fatto che gli avevo già comunicato che avrei tolto tutto, iniziamo una discussione sul fatto che dal momento che pago l’affitto dentro casa posso decidere io che mobili tenere e che comunque i suoi li avevo messi al riparo da qualunque possibile danno climatico.

Ci accordiamo di vederci la sera dopo il lavoro (alle 17) per riavere le mie cose e chiarire la situazione. Si presenta in ritardo di quasi due ore con la moglie che fortunatamente mi dà ragione su tutto. Insomma, la questione dei mobili si risolve senza spargimenti di sangue.

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Luca

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