Il mio vicino infame è una scuola.
Sì, avete letto bene. Il mio vicino infame è una scuola. Una scuola media, per essere precisi.
Si trova di fronte al palazzo in cui vivo ed è pure piuttosto… brutta. Come lo sono tanti edifici scolastici, purtroppo, ma non è questo il punto.
Purtroppo (e due), la mia giornata tipo inizia con uno sciamare di automobili che parcheggiano (o dovrei dire “porcheggiano”, visto come di solito lo fanno), suonano il clacson, invadono marciapiedi e bloccano garage e accessi vari perché… devono portare il bimbo a scuola. Davanti a scuola. Poco ci manca che non sfondino il cancello per rigurgitare la prole dentro l’atrio.
Quindi si forma una merdavigliosa fila di ragazzini che attendono l’apertura dei cancelli e urlano. Urlano. Le scimmie urlatrici in confronto sono gran signore. Finissime dame vittoriane. Pure nell’eloquio.
Sì, perché le parolacce e imprecazioni varie, offese e turpiloqui che escono dalla boccuccia santa dei suddetti ragazzini (i maschi amano, sento, dare della tr**a alle loro compagne – sia detto a parte), sono davvero impressionanti. Notevoli. Così notevoli che mi chiedo se non siano tutti figli di scaricatori di porto incarogniti. E la mia città non dà sul mare.
Ah, giusto: quando non urlano e non si spintonano cacciando strilla che mi perforano il cervello, guardano video rumorosissimi con musica odiosissima dai loro cellulari. Ad alto volume.
Quando finalmente, oh… finalmente!, entrano a scuola, la strada si svuota come un budello e il silenzio, per pochi minuti, è liberatorio.
Ma poi cominciano le lezioni.
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