La vicina del piano accanto si chiama Claudia e credi pure che questa storia sia inventata, anche io che l’ho vissuta lo farei.
Avrà poco più di trent’anni, sempre vestita in modo troppo estivo anche d’inverno, vive da sola con un’energia da reality show in pausa pubblicitaria.
Non ci avevo mai parlato più di tanto.
Scambio di saluti, un “tutto bene?” tirato via quando ci si incrocia sulle scale, e niente più.
Fino a quando non ha bussato.
Era sabato, mezzogiorno, io ancora in pigiama, stavo cercando di capire se cucinare o continuare a ignorare il frigo vuoto.
Apre con la solita espressione da piano ben congegnato:
spalle dritte, sorriso largo, occhiali da sole già in testa.
Mi dice che ha un favore da chiedermi.
Non un favore generico.
Un favore… balconico.
In sostanza: il mio balcone ha esposizione migliore.
Più luce. Più visibilità.
Soprattutto: vista diretta sul balcone di fronte, dove vive un ragazzo che, secondo lei, è “chiaramente single e potenzialmente interessante”.
Mi propone un accordo.
Ogni sabato, attorno a mezzogiorno, vorrebbe prendere il sole sul mio balcone, per “essere visibile in modo naturale”.
Dice che le sembrerebbe forzato farlo dal suo, perché il suo guarda solo il parcheggio.
E che in due sul mio balcone sarebbe più “rilassato e credibile”.
Credibile.
Come se stessimo girando uno spot per creme solari a marzo.
Io provo a balbettare qualcosa tipo “eh ma io non prendo molto il sole”.
Lei risponde che non importa, che posso anche leggere, fingere di ascoltare la musica, o semplicemente esserci.
Per fare volume umano.
“Presenza scenica”, ha detto.
La settimana dopo, si presenta con telo mare, acqua aromatizzata al cetriolo e uno spray glitterato che dice fa “riflettere bene la luce”.
Si piazza sulla sdraietta che ho usato una volta in due anni.
Incrocia le gambe.
Sospira.
E ogni dieci minuti fa finta di aggiustarsi il costume, di pettinarsi, di guardare verso il balcone di fronte con assoluta casualità programmata.
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