Nel mio vecchio condominio abitava il signor Rinaldi, quarto piano, pensionato con troppo tempo libero e una vocazione naturale per la cattiveria passivo-aggressiva.
Non parlava mai direttamente. Lasciava biglietti.
Ovunque.
Sul portone: “Chiudete bene, non siamo in un circo.”
In ascensore: “Non siamo in una stalla, pulite le scarpe.”
Sulla bacheca condominiale, una volta appese un’intera poesia in endecasillabi per lamentarsi del rumore dei carrelli della spesa.
Firmava sempre con le iniziali. Ma tutti sapevamo che era lui.
Una volta il mio coinquilino fece una festa per il compleanno, con musica a volume medio. Rinaldi lasciò otto biglietti. Uno infilato anche nella fessura del microonde.
“Qui non siamo in una discoteca dei bassifondi.”
Un giorno trovai un suo biglietto infilato nella mia cassetta della posta:
“Ho visto che butti l’umido nel secco. Ti sei già meritato l’inferno.”
Non era vero. Era il sacchetto di un amico venuto a cena. Ma niente, per lui ero diventato l’Anticristo dell’ecologia.
Poi, il karma.
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