Vivevo in un appartamento per studenti a Padova al primo piano, il palazzo era fatto a L.
Un giorno vedo letteralmente una cascata d’acqua piovermi dal cielo e schiantarsi sul pavimento del giardino, di esclusiva pertinenza del piano terra.
I ragazzi del piano terra, anch’essi studenti, avevano un tavolino da giardino dove mangiavano, e solo per un caso in quel momento sul tavolino, centrato dall’acqua, non c’era nessuno.
Urlo in romanesco per richiamare la vicina, che però continua a lanciare inspiegabili secchiate d’acqua.
Vado al quarto piano in pigiama, scalza e con le occhiaie e le chiedo cosa cazzo le fosse saltato in mente.
Scopro che la vicina del terzo piano (quindi un piano sotto a lei) nell’altra ala del palazzo, quindi quella che faceva angolo con noi, era ricoverata in ospedale e aveva chiesto alla solerte vicina di bagnarle le piante ma senza darle le chiavi.
Aveva piazzato un piccolo imbuto in direzione del balcone della vicina e pretendeva che quella, lanciando secchiate, centrasse l’imbuto e trasmettesse l’acqua alle piante.

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Redazione

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