Sotto casa mia vivevano dei cinesi ODDIOOOOOHHHH E QUEEENDEEEE?? Calma, calmissima.

Insegno italiano L2 proprio a dei ragazzi cinesi che adoro uno per uno, e sono tutti studenti posati e pieni di interessi. Sono adorabili e da insegnante mi riempiono di soddisfazioni.

I cinesi che vivevano sotto casa mia, però, erano diversi. Non avevano assolutamente il controllo del volume della voce. Anche una minuscola sillaba veniva pronunciata in modo sguaiato, e ciò accadeva in ogni ora del giorno fino alla notte alle 23. Davano tregua fino alle 3:30, quando qualcuno di loro si svegliava e parlava a vivavoce al telefono, sempre a voce altissima.

E mi svegliavo anche io.

Sì, nel condominio ogni parete e ogni solaio erano sottilissimi e passava ogni rumore, ma ciò non giustificava in alcun modo quel comportamento. I vicini di fianco, per esempio, non li sentivo mai.

Una notte, svegliata nuovamente dalle loro telefonate, persi la pazienza e andai a bussare. Nessuno rispose. “Ok, è notte, se sentono bussare possono spaventarsi”, e decisi di parlarci l’indomani mattina.

L’indomani mattina mi attaccai al loro campanello. Aprì una signora e le spiegai il problema civilmente. Lei gesticolava per comunicarmi che non capiva. Vidi che qualcun altro si avvicinava alla porta, da dentro. Era un uomo. Spiegai il problema anche a lui, stessa reazione. Spazientita dissi: “Non gridate di notte! Don’t scream at night! Okay?”. Annuirono, ma forse solo per l'”OK?” perché non mi sembrarono convinti.

E infatti non smisero. Incontrai uno di loro per le scale, ribadii il concetto. Niente, nessuno capiva. Mi domandavo se mi prendessero per il cu*o, visto che vivendo in Italia supponevo che un po’ di italiano lo capissero. Allora mi rivolsi ai miei studenti e chiesi loro di scrivermi, con i loro caratteri: “Per favore, smettete di parlare ad alta voce specialmente durante la notte. Per colpa vostra non riesco a riposare. Se non la smettete chiamerò l’amministratore”.

Scrissero su un foglio e tornai a casa. Bussai alla loro porta, scampanellai. Niente. Lasciai allora il biglietto sotto la porta. No, non pensai alla buca delle lettere perché c’è chi non controlla mai la posta.

Non smisero, quindi chiamai l’amministratore che mi disse che avrebbe mandato loro una lettera. “Se dopo la lettera non finiscono, vada in questura e faccia un esposto”. Meco*oni.

In tutto questo, anche altri vicini erano esasperati e li invitai quindi a collaborare con me in questa storia. Accettarono di andare in delegazione in questura e fissammo il giorno e l’orario che andava bene a tutti.

Purtroppo, tra questi, c’era una testa calda che la notte precedente l’appuntamento per la questura, era stato licenziato ed era abbastanza su di giri.

I disturbatori alle 3 di notte parlavano ad alta voce, e lui uscì e iniziò a picchiare violentemente sulla loro porta. Aprirono, e lui afferrò l’uomo e lo trascinò fuori per menarlo. Fui svegliata di soprassalto e sentii le urla della donna, la cinese, spaventata (giustamente) a morte da quanto stava accadendo al marito.

La situazione si ribaltò e con la dirimpettaia chiamammo la polizia. Gli agenti fermarono l’aggressore (il nostro vicino manesco) mentre la coppia di cinesi veniva tranquillizzata da altri poliziotti, che nel frattempo chiesero loro le generalità.

“Documenti?”, niente, non ne avevano. Erano senza documenti e, scusate, nemmeno io so come né perché. “Che lavoro fate?”. Non capivano.

Nei giorni successivi vidi numerose volte la polizia andare e venire da casa loro. Una mattina, proprio mentre uscivo per andare a scuola (esco di casa alle 5 perché insegno lontanissimo), furono portati via in manette.

Non chiedetemi niente, non so perché né cosa avessero fatto. Finì il casino, ovviamente, ma restano tanti dubbi.

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