Nel mio condominio c’era un problema: il vicino del primo piano lasciava le scarpe fuori dalla porta, sempre. Fin qui, niente di strano.
Il punto è che aveva una collezione.

Non due scarpe.
Non tre.
Ma una formazione completa, tipo squadra di calcetto: scarpe da ginnastica, ciabatte, scarponi da trekking, sandali, mocassini e un paio di stivali da pioggia, anche ad agosto.

Ogni tanto cambiava disposizione, come se stesse giocando a Battaglia Navale.

La cosa peggiorava con l’arrivo dell’umidità.
L’androne si trasformava in un mix tra spogliatoio da palestra e retrobottega di Decathlon.
Le lamentele partivano in silenzio: sguardi, sospiri, poi i primi bigliettini passivo-aggressivi infilati tra i lacci.

Niente. Le scarpe restavano.

Finché qualcuno – ancora ignoto a oggi – ha deciso di agire.

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