Parlo sottovoce al telefono quando esco sul pianerottolo.
Metto le scarpe allineate, anche se tanto sono mie.
Controllo due volte se il sacchetto della spazzatura è chiuso bene, perché non ho voglia di leggere l’ennesimo sermone plastificato sul “respiro del cassonetto”.
Una sera ho trovato un biglietto nuovo.
Era nella buca delle lettere, infilato tra i volantini pubblicitari.
Diceva che essere discreti è la forma più alta di convivenza.
Nessun riferimento diretto.
Ma firmato, come sempre.
Da allora ho smesso di chiedermi chi sia.
Ormai so solo che vive qui.
Non si mostra.
Non sbaglia mai.
E scrive.
Sempre.
Come se il palazzo fosse un diario aperto.
E noi… gli appunti da correggere.
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