Una sera intorno a mezzanotte mi trovo in soggiorno e sto guardando un programma che mi interessa, quando improvvisamente dal piano di sopra parte la televisione a un volume alto al punto da far piombare in soggiorno mia moglie inviperita – la poveretta stava cercando di dormire – per intimarmi di abbassare il volume. Non sono io, è sempre il padre dal piano di sopra.
Decidiamo di salire per parlare con il signore. Saliamo. Suoniamo il campanello. Nessuna risposta. Suoniamo di nuovo. Nessuna risposta. All’interno dell’appartamento la televisione rimbomba fortissima.
Busso.
Nessuna risposta.
Rifilo letteralmente un calcio alla porta blindata. Ecco che il signore mi apre. Dico: “Scusi, ma,questa televisione, cioè forse lei non si rende conto del volume, non so, che facciamo?”.
Il gentile genitore ci liquida con un verso del quale riesco ad afferrare qualcosa di simile a: “Mi ero addormentato” e ci chiude la porta in faccia.
Ohibò. Però poi abbassa il volume della televisione. Evviva! Si può andare a dormire.
Le due serate successive passano in relativo silenzio. Relativo, perché in tutto questo non è che il figlio – il proprietario dell’appartamento, nevvero – abbia mai in qualche modo attenuato i suoi rumori consueti.
Cioè il figlio ha sempre continuato a gridare al telefono, a spostare mobilio, così. Ma io e mia moglie pensiamo che il signore abbia finalmente compreso la situazione.
Poi, una sera, l’ecatombe.
Ore 21:15 – frastuono assordante di mobilio pesante trascinato sul pavimento che si protrae per oltre tre quarti d’ora. Io e mia moglie sopportiamo.
Ore 22:00 – televisione a volume crescente, sempre più forte, sino alle 23:30 circa. Io e mia moglie sopportiamo e quando alla fine la televisione cessa tiriamo un sospiro di sollievo, si può andare a dormire.
Ore 00:15 – conversazione ad alta voce tra padre e figlio che dura quasi un’ora. Io e mia moglie mettiamo i tappi di cera per non sentire e per cercare di dormire, perché la nostra sveglia suonerà prima delle sette.
Ore 01:35 – riprende il camminamento con i mocassini. Nell’arco di una decina di minuti conto sette volte il percorso del signore dal soggiorno al bagno e ritorno. Poi una breve pausa. Poi il camminamento ricomincia.
To-toc, to-toc, to-toc, tacco e punta, tacco e punta, tacco e punta. I tappi di cera si rivelano inutili per quel tipo di rumore.
Esplodo. Con uno scatto di reni della cui rapidità ancora oggi non riesco a capacitarmi – non sono così atletico – mi ritrovo in piedi accanto al letto, le mani che mi tremano, mia moglie che capisce, mi afferra per un braccio e dice “No”. Mi rendo conto che la situazione potrebbe degenerare. Decido di non salire. Userò il telefono, chiamerò il figlio di cui ho il numero.
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Come vi capisco ... ma la colpa è di questo Paese di pagliacci dove tutto è permesso e nessuno ci tutela in nienteeee