Faccio partire la chiamata. Il figlio risponde subito. Esasperato, non riesco a mantenere toni civili. Lo aggredisco verbalmente arricchendo ogni mia frase con parolacce e imprecazioni. Gli domando se si rende conto dell’ora e lo invito a trasferirsi in una villetta monofamiliare dove sarà libero di fare quello che vuole, quando e come vuole. Non in un condominio, non alle due di notte, non in un giorno infrasettimanale tra persone che lavorano e la mattina si alzano presto.
Il soggetto tenta di giustificarsi variamente. “Se il tuo vicino ti telefona alle due di notte perché stai facendo rumore tu non cerchi giustificazioni, tu chiedi scusa e smetti immediatamente!” è una delle cose che gli dico, cioè che gli urlo, perché sto urlando, e mia moglie gesticolando davanti a me, mi invita ad abbassare la voce per non disturbare gli altri vicini.
E mentre il figlio finalmente si scusa e mentre io lo ascolto riecco il suono dei tacchi. To-toc, to-toc, tacco e punta, lo interrompo, dico ecco, ecco, dimmi un po’, tuo padre in questo momento sta camminando avanti e indietro, è vero o non è vero?
Sì che è vero: il padre accortosi della telefonata del figlio accorre per conoscerne la motivazione data l’ora tarda.
Il figlio gli spiega velocemente che i suoi mocassini ci danno fastidio. Ed è qui che si raggiunge l’apoteosi.
Perché il padre – breve riassunto: sono le due di notte e noi abbiamo già sopportato senza fiatare il suo rumore nelle cinque dico nelle cinque ore precedenti – ecco dicevo perché il padre mica chiede scusa.
Mica smette.
Il padre.
No.
Il padre anzi è molto infastidito dalla mia telefonata e non manca di farmelo sapere esprimendo il suo disappunto ad alta voce.
È una situazione che non ha senso, voi capite bene.
Tu fai rumore, io ti dico che fai rumore e tu mi sgridi perché ti disturbo dicendoti che fai rumore.
Eh?
Sono basito. Quand’ecco che inaspettatamente interviene il figlio in mio favore, dice, le scarpe, toglile, è tardi, sotto ti sentono.
Sono piacevolmente colpito.
Dico ecco, sì, se, per favore, le scarpe, è tardi.
Il figlio balbetta qualcosa.
Silenzio.
“Eh, non si può più fare niente!”, commenta il padre ad alta voce.
Il padre fortunatamente se n’è andato qualche giorno dopo e noi siamo stati costretti a rivalutare il figlio.
Finalmente si dorme, cioè cosa vuoi che sia in fondo una lavatrice che centrifuga intorno alla mezzanotte.
Stefania
Come vi capisco … ma la colpa è di questo Paese di pagliacci dove tutto è permesso e nessuno ci tutela in nienteeee