L'erba del vicino non è sempre più verde

Storie dal vicinato

Parcheggio

Le faccio presente che non ha una macchina, lei mi chiude la porta in faccia.

‘ttapposto?

In pochi minuti cambio la password del Wi-Fi e poco dopo eccola che bussa nervosamente alla porta. “Queste cose non si fanno, rimetti la vecchia password o prenderò provvedimenti per via legale. Stro**a. Per una cosa che ti ho chiesto, pezzente“.

Sollevo un sopracciglio e mi viene la stessa spocchia di Uma Thurman in Kill Bill quando impugna la katana di Hattori Hanzō.

Sento già le note di The Lonely Shepherd, improvviso un sorriso creepy e le rispondo: “Sono un avvocato, mi dica”.

Sbianca e cala il silenzio. Allora metto da parte la spocchia e le ricordo che per lei mi sono messa una mano sulla coscienza per mesi senza chiederle un centesimo. Per una sosta di 10 minuti si è negata addirittura con stizza. Io ho ripreso ciò che è mio e sarei “stro**a” e “pezzente”.

Le chiedo quale sia il suo problema, in sostanza. Lei si ringalluzzisce e mi dice che non ho rispetto per chi soffre: “Io c’ho problemi, che ne sai della mia vita”, e anche: “Io mi faccio un cu*o così per i miei figli” e io, con calma serafica, le dico che non metto in dubbio niente, ma le ricordo che sta pretendendo una cosa non sua per di più con l’insulto.

Ecco un altro VDI:   Sanguisughe

Sei una figlia di pu**ana”, e quello è l’interruttore sbagliato.

Un anno fa è morta mia madre e devo ancora riprendermi. Faccio un passo avanti. Le dico che le conviene telare. La vedo correre via.

Ha provato a chiedermi scusa più volte, aspettandomi sulle scale o attendendo i miei orari di uscita da casa. Due settimane fa l’ho affrontata dicendole che quelli sono atti persecutori e potrei “prendere provvedimenti per via legale”.

Ha smesso.

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