Nel mio palazzo si è trasferita una donna con due figli a carico.
Dopo le prime settimane l’ho incrociata per le scale e ho pensato, umanamente, di cercare conversazione. Mi dice che si è separata, che ora sta cercando di rimettersi in piedi e di restituire un futuro dignitoso ai figli. Le faccio tanti auguri, e le dico – meh – che se ha bisogno di qualcosa sa dove abito.
Bene, due giorni dopo mi bussa e mi chiede se può usare il mio Wi-Fi perché la sera segue delle videolezioni di un corso serale di lingua straniera. “Purtroppo non posso mettermi una linea fissa”, mi dice proponendomi un prezzo forfettario.
Me lo dice quasi con vergogna, quindi le dico che uso Internet solo io e che posso darle la mia password senza problemi, senza costi. Mi ringrazia e mi sento serena per aver fatto una buona azione.
Lei non ha un’auto, ma nel suo affitto è compreso il posto auto nell’attesa che riesca a comprarne una.
Un giorno mio padre, che avrebbe diritto al parcheggio per disabili ma è ancora in attesa del documento, mi telefona da giù dicendomi che non trova parcheggio.
Mi rivolgo alla vicina e le chiedo se è possibile usare momentaneamente il suo posto auto. “No, scusami, potrebbe servire da un momento all’altro”, mi risponde quasi seccata.
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