Ne racconto una che mi è venuta in mente vedendo un bel giardino fiorito di rose, proprio sotto casa.
Ho girato parecchio, come ho più volte detto, e penso di aver raccolto una serie di storielle più o meno divertenti (o irritanti) su cosa voglia dire intrattenere rapporti con variegata umanità.
Non so voi, ma io sono sempre rimasto molto colpito da come vicini anche molto “amichevoli”, dal nulla si trasformassero nei peggiori pianta casini su piazza.
E in questo caso “piantacasini” è molto adatto alla storia.
Un paio di volte ho avuto la fortuna, sfortuna, di avere delle case con giardino. Quando la casa non aveva questo spazio di “rispetto” davanti alle finestre a portata di vicino, i vicini curiosavano dentro senza nessun pudore addirittura piazzandosi davanti alle finestre per fare conversazione; quando il giardino circondava tutto il piano invece, stavano almeno alla larga.
Ma a parte il disagio che dava raccogliere la sporcizia della gente che ti abitava sopra e impedire, magari, che si generasse un incendio da mozzicone (cosa che ho pure lasciato succedesse in modo “controllato”, la volta che optai per una “botta di paura educativa”) i problemi con chi aveva altri giardini erano continui e stressanti. Anche se non mi riguardavano.
Le liti sugli spazi e la gestione degli stessi… continue.
Dovete sapere che ho il “vizio” di piantare rose.
Ogni volta che ho un problema, ogni volta che qualcosa mi va storto… Io pianto una rosa. È una cosa che ho sempre fatto, dopo i venticinque anni e un grosso dispiacere che mi ha cambiato la vita, e dopo… beh, ho semplicemente deciso di continuare.
E ovviamente non lo faccio solo quando sono “in crisi”. Anzi.
Lasciare rose è qualcosa che ho fatto in giro per le case in cui ho potuto piantarle e devo dire che in genere la cosa è stata gradita.
Ho ereditato la passione per le rose da mio nonno e mi piace anche piantarle in giro, in spazi abbandonati o incolti, scegliendo con cura dove è palese che non saranno estirpate e si può fare.
In questo giardino che avevo allora, sul quale il padrone di casa mi aveva dato “carta bianca” (infatti avevo chiesto se potevo piantare qualcosa e dall’inizio) lasciai alcune rampicanti, dei cespugli e un numero imprecisato di “nane”, più una rosa selvatica trovata durante un viaggio.
Le piante erano in salute, robuste e in relativamente poco tempo (un anno) arrivarono a diventare anche molto belle.
La mia vicina di casa, molto amichevole dall’inizio, mi faceva sempre molti complimenti per il giardino (e per altre piante che giravo in base alla stagione, perché a me piacciono i colori, vizio da pittore) sempre lamentandosi del fatto che nel suo non crescesse bene nulla.
Un giorno, mentre stavo pulendo il giardino (lei abitava di fronte, con appena una viuzza a separare le nostre case) si avvicinò e iniziò una conversazione casuale, sempre lodando il mio impegno per tenere tutto “così bello!”. Ma vedendo la rampicante piantata al confine, già arricciata sulla rete di divisione con l’altro giardino, iniziò a farmi presente che la pianta stava sconfinando.
Le dissi che il filo sul quale si arrampicava era della vicina, che mi aveva chiesto di far salire la rosa anche dalla sua parte ed io non avevo avuto nulla in contrario, anzi.
– “Quindi lei ha detto che vuole la rosa nel giardino?”
– “Ma certo”.
– “Ah… ok…”
Mi scusai e mi allontani per prendere qualcosa in casa. Pochi minuti e tornai fuori per continuare il mio lavoro. E fu a quel punto che trovai la tizia, che intanto aveva scampanellato alla mia “confinante”, parlare in modo più che animato:
“Hai un bambino! Se si ferisce? Io ho fatto tagliare le piante a Tizio e Caio! E se tuo figlio mette le mani sulle spine, eh? Eh? È un bambino di tre anni! Poi ti diranno che devi fargli quell’altro vaccino per le sbucciature e le cose della campagna e lo intossichi! Ma è possibile? Sei un’irresponsabile e lui poi! Queste piante sono pericolose e arriveranno ovunque!”
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