Era estate, in piena sessione estiva in quel di Palermo.
Con le mie coinquiline avevamo deciso di dormire tutte nella stessa stanza per poter condividere l’unico ventilatore funzionante. Era l’una e mezzo di notte, l’indomani avrei avuto un esame e la bambina vicina in*ame del terzo piano si mise a cantare a squarciagola nel silenzio tombale della notte.
Urlava così forte che sembrava di averla dentro casa. Io e le mie coinquiline aspettammo un po’ prima di intervenire, speranzose che di lì a poco i genitori l’avrebbero ripresa (era l’una e mezza di notte, che ca**o!).
Estenuate ed esauste intimammo alla bambina di fare silenzio. Per tutta risposta ci urlò: “Studentesse, siete stupide”.
Fino a quel momento, dopo un anno che abitavamo quell’appartamento, non avevamo avuto alcun tipo di screzio con nessun vicino. Avevamo sopportato le liti funeste in tarda serata, il volume della televisione tenuto ad un livello estramente alto, le esultanze fuori dal normale quando giocava l’Inter.
Avevamo pazientemente ed educatamente deciso di passare sopra certi comportamenti.
Da quella fatidica notte in poi, iniziammo a ritrovarci spazzatura (nel vero senso della parola) nel cortile interno (stavamo al piano terra e tutte le finestre interne del palazzo si affacciavano nel nostro cortiletto/pozzo luce). Dai fazzoletti usati, allo scottex lurido di non so quale scarto di cibo, e poi incarti di merendine, mozziconi di sigaretta, scatarrate mattutine, bucce di frutta e chi più ne ha più ne metta.
Una sera, particolarmente stressante dal lato vicini, decidemmo di raccogliere la spazzatura che puntualmente veniva buttata nel nostro cortiletto e di appenderla al portone d’ingresso con tanto di cartello: “Se volete cinque euro per una pattumiera ve li diamo volentieri noi, basta che la finiate di gettare i vostri rifiuti nella nostra proprietà. Fino a prova contraria questo è un palazzo con appartamenti, non un immondezzaio”.
In qualche modo il gesto funzionò.
Ma funzionò ancora di più lasciare quel palazzo con quegli orribili vicini infami.
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