La presenza dell’uomo è costante. Se usciamo in giardino lui è li, se usciamo a fare la spesa, lui è li. Al mattino, quando andiamo al lavoro lui è li, quando torniamo a casa, dietro una finestra, davanti alla porta di casa o affacciato al cancello, lui è sempre li!

Una presenza costante. Mi chiedo che cazzo avrà da guardare e con il passare del tempo, la cosa comincia a darmi sempre più fastidio. Dopo un paio di mesi nella nostra casa la convivenza ci rende ancora più uniti, tutto è meraviglioso, ma appena ci avviciniamo alle finestre, al giardino o proviamo ad uscire, la presenza di quell’uomo diventa pesante, opprimente. Siamo davvero così interessanti?

Nel frattempo conosciamo gli altri vicini, tutti carini, abbastanza riservati, ma diciamo “normali”. Un giorno provo a chiedere ad uno di questi come mai il tizio continui a fissarci e la risposta che ricevo è: “lascia perdere, fai finta di non vederlo, non salutarlo, non ci parlare, è fatto così”.

Cosa vuol dire che è fatto così? Perché uno dovrebbe evitarlo o far finta di non vederlo? Questa risposta mi lascia perplesso.

Altri mesi, arriva l’inverno. Lui se ne sta, spesso, alla finestra. Faccio finta di non vederlo, come mi hanno consigliato.

Ho tende alle finestre e alle porte che danno sul giardino ma quando lui sente che stiamo uscendo, ce lo ritroviamo davanti, a volte alla finestra, a volte davanti alla porta di casa. Ha la visuale di tutto il giardino, della porta d’ingresso e delle porte finestre di camera da letto e cucina.

Dopo qualche mese ha imparato i nostri orari e quando andiamo a lavorare è sempre davanti al vialetto che porta al cancello pedonale appoggiato alla ringhiera. Passiamo davanti a lui, ci fissa, non dice un parola e ci segue con lo sguardo fino a quando non saliamo sulle nostre macchine. Non ha lo sguardo cattivo o minaccioso, semplicemente lo sguardo di chi ti scruta per metterti a disagio.

Un giorno, mi accorgo che l’uomo ha in mano un binocolo. Cazz, sta guardando verso di noi con un binocolo. Esco di casa e vedo che continua a puntarmi, seguendo i miei movimenti con la testa.

A quel punto, in barba ai consigli, gli urlo cosa ha da guardare, gli urlo che lo denuncio e lo mando letteralmente a fanculo, dopo averlo insultato in modo piuttosto pesante con altri termini coloriti. Sono particolarmente incazzato e sicuramente urlo più del dovuto, ma il binocolo è stato il superamento di tutti i limiti e della mia pazienza. Mi sembra di non avere un minimo di privacy.

Lui non risponde e quel punto rientra in casa.

Sono molto soddisfatto: penso di essere riuscito a togliermi dalle palle questo tizio, invece, è l’inizio dell’incubo. 

È passato un anno ormai, rinnovo l’affitto. Parlo con la padrona di casa e le dico che ci troviamo benissimo, ma le racconto anche del tizio e del disagio che ci crea, le dico anche che una settimana prima, mi ci sono incazzato e gli ho urlato che la deve finire con questa storia e l’ho minacciato di denunciarlo, le racconto del binocolo. Lei dice di non saper nulla di questa persona.

Subito dopo però comincio a trovarmi di biglietti, scritti a mano, con calligrafia incerta, non firmati, sotto il tergicristallo. La prima volta vengo accusato di “aver fatto rumore durante la notte”. Boh, penso che abbiano sbagliato. Sotto non ho nessuno. I miei vicini non mi hanno mai detto nulla e soprattutto la notte prima ho dormito beatamente.

Qualche giorno dopo altro bigliettino con una frase del tipo “vi ammazzo“. Mi prendo paura, non tanto per me, quanto per Erika. Il tizio mi osserva mentre tolgo il biglietto dal tergicristalli e io, in tutta risposta, alzo il dito medio. Erika mi convince ad andare a denunciare la cosa. Vado in caserma e spiego tutto, ma proprio tutto, convinto che qualche cosa succederà.

Passano altri giorni ed in effetti, qualcosa succede: mi ritrovo un altro biglietto “hai rigato la mia macchina, te la farò pagare”. Ovviamente non ho rigato proprio niente.Prendo anche questo biglietto e lo porto in caserma, spiegando che la cosa continua.

Ancora una volta, non succede niente. La situazione precipita. I biglietti non sono più sul tergicristallo, ma vengono messi ovunque: nella casella delle lettere, con insulti di ogni tipo, li trovo attaccati al cancello, li trovo in giardino. Ci sono vere e proprie minacce di morte per me e per Erika che, nel frattempo rimane incinta.

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Vicino

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  • "Per favore pubblica in anonimo perchè il tizio è vivo e vegeto" e poi ci sono dettagli come il nome della fidanzata. Are you kidding me?

    • Quindi? Attraverso il nome Erika, sei in grado di dire di chi si parla? Sai se si tratta del vero nome della ragazza o un nome di fantasia? Sai dove si svolge la storia?
      Se avesse firmato con nome e cognome il racconto oppure se lo avessimo scritto noi, forse, qualcuno avrebbe anche potuto arrivarci.
      Ma così? Ci sei forse arrivato tu grazie a "Erika"?
      Seriously, are U kiddin' me?

  • Sono l'unica stronza che alle minacce di morte e al non intervento della polizia avrei risolto la situazione con le mie mani?

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