Vivo questo ricordo come un’ossessione.
Nel 2008 ero studente fuori sede e avevo una stanza a Cagliari. Per rispettare chiunque facevo tutte le cose con un silenzio di velluto. Sopra di me vivevano altri studenti. Due ragazze e un ragazzo. Lei, l’oggetto del mio odio, passava tutto il giorno a camminare avanti e indietro con i tacchi. Ogni ora, fino all’1 di notte.
Mi svegliavo alle 7 e già sentivo i suoi tacchi. Non prendevo sonno fino all’1, quando sentivo quel PAPAPAPAM che erano le sue scarpe che finalmente metteva via. In più occasioni avevo bussato al loro appartamento per esporre il problema. Una volta mi aprì il tizio e mi disse: “Non dire cazzate”. Non ricordo quale fu la mia reazione, ma di certo non fu quella che desideravo. Perché sì, volevo mettergli le mani al collo, prendere un lanciafiamme e incenerire tutti. Soprattutto quella infame che metteva i tacchi.
Un giorno lo incontrai sull’ascensore e per tutto il tragitto (3 piani) lo fissai con odio. Lui se ne accorse e abbassò la testa. Qualche mese dopo lasciai quella casa. No, non l’ho ancora superata.
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