Facciamo entrare i nostri salvatori, li ringraziamo e gli offriamo un vero caffè italiano accompagnato da enormi fette di torta; mentre mi guardano armeggiare con la moka come se fossi uno sciamano intento in un rito di evocazione degli spiriti, ci spiegano che loro vengono da zone degli USA dove la neve, tanta neve, è la normalità e che la prima regola è darsi una mano fra vicini.
Li osservo con gratitudine, quattro ventenni con quattro sfumature di colore di pelle diverse ma accomunati dal desiderio di aiutare il prossimo, chiedo come posso sdebitarmi e replicano che il caffè e la torta vanno benissimo, raccontano che tutti hanno offerto qualcosa: dolcetti alla cannella, un thermos di tè caldo, un bicchierino di grappa per scaldarsi (ovviamente L’altro italiano, veneto); mio marito, a cui è passato il broncio, dice che è il minimo visto che si sono presi l’impegno di spalare i vialetti di tutto il vicinato.
Loro sorridono e dicono: “Non tutti“.
Rambo, l’ex marine, si era già spalato il suo ed aveva compattato la neve in modo impeccabile – coro di risate – e Flanders, l’ultrareligioso, aveva rifiutato il loro aiuto perchè “le loro fidanzate vestono come donne del peccato quindi anche loro sono peccatori”.
Mio marito ha scosso la testa e borbottato qualcosa di poco gentile su Flanders, l’ha detto in coreano ma abbiamo capito tutti cosa volesse dire.
Per fortuna i vicini da sogno compensano i vicini da incubo.